"Piuttosto che doverci lasciare, allora tanto vale lasciarci"
(anonimo innamorato che preferisce non soffrire)
Lautosdoganamento di Gianfranco Fini è quasi completo. Si è idealmente affrancato da chi lo aveva a sua volta sdoganato nel 92 ed è avviato a una brillante carriera di statista: conservatore ma illuminato.
Attorno a lui cresce lapprezzamento anche a sinistra, e finora il fuoco amico non è riuscito a offuscarne limmagine. Manca solo un dettaglio: lelezione a Presidente della Repubblica. La sua è una gara contro il tempo. Dipende tutto da un dettaglio: se si andrà o meno al voto prima dellelezione del successore di Napolitano.
Fini farebbe meglio a incrociare le dita. In parlamento potrebbe ora come ora fare affidamento sulle opposte ipocrisie, che su di lui convergerebbero. Se viceversa si andasse alle urne prima, si scoprirebbe che il consenso di cui gode è puramente teorico, di stima. Salvo eccezioni minoritarie chi vota a sinistra continuerà a votare a sinistra, e chi vota a destra si guarderà bene dal votare per lui.
Lemergere di un politico conservatore di stampo moderno (ma con laria che tira ci saremmo accontentati pure un conservatore classico) non è disgraziatamente supportato da una piattaforma di consenso. Le istanze di una borghesia civilmente di destra si sono dissolte con il sogno di Montanelli.
Fini è, appunto, il sogno tardivo di Montanelli. Uno di quei sogni del mattino, destinati a dissolversi ancor più rapidamente degli altri.