"In fondo, muoiono sempre gli altri"
(Epitaffio di Marcel Duchamp)
F. è un ragazzo di ventisette anni. Gli ultimi quattro li ha trascorsi lavorando in un negozio di articoli sportivi. Il suo contratto prevedeva 1100 euro al mese, buona parte dei quali finanziati dallo Stato. Ogni mese di euro gliene davano 700, in contanti, facendogli firmare una ricevuta per limporto superiore. In sostanza il datore di lavoro, oltre a fruire del suo lavoro, ci guadagnava anche.
Un contratto di apprendistato: e si può dire che in quattro anni deve per forza averlo imparato, il mestiere di commesso. Ciononostante, F. alla scadenza dei quattro anni è stato messo alla porta. Quando è andato a chiederne il motivo, nessuno gli ha detto che non si era comportato bene. Nessuno ha trovato il coraggio di ammettere quel che era fin troppo ovvio: il suo posto sarebbe stato preso da un altro giovane con un contratto identico al suo. A F. non lo potevano rinnovare, ma un altro apprendista pagato per quattro anni dallo Stato faceva senzaltro comodo. Lo stesso F. non ha difficoltà ad ammetterlo: sarebbero stupidi a non approfittarne, visto che la legge glielo consente.
La forma mentis del posto fisso è ormai in via di estinzione, fra le generazioni che si affacciano adesso nel mondo del lavoro. E va bene. Ma le regole in Italia non possono essere applicate puramente e semplicemente. Dovrebbero tener conto del carattere furbesco degli italiani che dovrebbero applicarle. Leconomia dovrebbe tenere conto dellantropologia.
In nome della flessibilità si è perso negli ultimi anni ogni lume di buon senso. E cè da chiedersi se dietro questo genere di falle legislative non ci sia un disegno consapevole di avvilire il diritto al lavoro: ciò che specie nel meridione è alla base delle rendite elettorali. Cè da giurare che F., come ogni ragazzo con lacqua alla gola, sarà ottima preda per i cacciatori di voti.