"Dunque, madre: che cè?"
(William Shakespeare, Amleto)
(Ecco la seconda parte del mio intervento di ieri alla Tavola Rotonda del Goethe Institut.)Oppure lamico straniero dice: quanto rumore! E dopo un attimo, ecco che lo senti anche tu: rumore di gente che urla, macchine minuscole con lo stereo a palla. E soprattutto claxon. Claxon a non finire, suonati per dare sfogo a ogni moto dellanimo. Ora che te lo hanno fatto notare, è vero: cè un sacco di rumore, nelle strade della tua città.
Ma non è finita: la senti la puzza? Tu dici: odore di zagara. Ma il tuo amico fa una smorfia. Stigghiola, panelle ancora calde? No, no: proprio puzza. Puzza di benzina bruciata. Allora tu pensi: ecco cosera.
E soprattutto, la sporcizia. Non tanto i cumuli di spazzatura in putrefazione: quelli li avevi additati tu per primo, come una specie di esorcismo preventivo. Il tuo amico vede anche altro. Vede la miriade di fazzoletti di carta buttati per terra, i pacchetti di sigarette accartocciati, pezzi di cibo smozzicato e abbandonato sui marciapiedi, su cui si avventano i cani di cui sopra. Non te ne eri accorto. Non li avevi proprio visti.
Mentre lo riaccompagni in albergo tu taci e lui parla, nota e ti fa notare. Ma verso che ora dovrebbe passare lautobus? Hai visto che nessuno timbra il biglietto? Comè che siamo fermi da un quarto dora? Cè una macchina in seconda fila che blocca la carreggiata? E come mai? Che è successo al proprietario della macchina? Si è sentito male? È morto?
A fine giornata lo odi, quellamico che ti ha costretto ad aprire gli occhi. Come odi lo specchio che ti mostra le rughe di ogni mattina.
Essere cortesi con gli ospiti stranieri è diventato faticoso, a Palermo, negli ultimi tempi. Molto stressante. Qualche tempo fa, durante un picco di munnizza, un giornalista chiese a Enzo Sellerio come faceva a vivere in una città così fetente. Lui rispose in maniera perfetta: Io non vivo a Palermo, vivo a casa mia.
In molti, quella volta, si sono riconosciuti nel Paradosso di Sellerio. Anche tu, se ci pensi: non vivi affatto a Palermo, ma in quella specie di bolla asettica che è la tua casa. In condizioni di clima e ossigenazione ideali. Una bolla come quelle che si vedono nei film di fantascienza, che consentono ai terrestri di sopravvivere anche in un ambiente drammaticamente ostile. La tua bolla di sopravvivenza a Palermo è costituita da un cuscinetto familiare, innanzi tutto. Una suocera che ti tiene il bambino in mancanza di asili pubblici. Un genitore che lo accompagna al tennis nei pomeriggi. E poi puoi contare sulla rete di amicizie e conoscenze che possono tornare utili quando hai bisogno di un ricovero in ospedale o di una buona scuola per tuo figlio.
La controindicazione però cè: i vetri della nostra bolla di sopravvivenza personale tendono ad appannarsi. Non consentono di vedere davvero quello che succede fuori. E soprattutto: lossigenazione artificiale forzata provoca assuefazione. Quel che davvero succede per le strade di Palermo lo vedi, ma lo vedi da tanto tempo che non lo vedi più. Forse cè stato un momento in cui facevi finta di non vederlo. Ma ora, da un pezzo, non lo vedi più per davvero.