"Non fate come faccio, fate come dico."
(Snoopy)
(Oggi sull'Unità)
È successo in passato. È successo ancora. Stavolta si chiamava Giuseppe Uva, e aveva 43 anni. Era stato fermato dai carabinieri, a quanto pare mentre era ubriaco, a Varese. Lo hanno portato in caserma e lì è morto. Al momento di sicuro cè solo questo. Questo e la testimonianza di un amico che aveva provato a chiamare unambulanza dopo che per due ore aveva sentito le urla provenire da dietro una porta dove Giuseppe Uva si trovava assieme a una decina di rappresentanti delle forze dellordine. Loperatore del 118 prima di mandare lambulanza ha fatto una prudenziale telefonata alla caserma dei carabinieri a chi, se no? da dove qualcuno lo ha rassicurato: nessun problema, sono solo due ubriachi, adesso gli leviamo il telefonino. Se abbiamo bisogno vi chiamiamo noi. Clic.
Alla fine, sul corpo di Stefano Uva cerano ferite e lividi sulle parti più intime, ma nellautopsia su certi particolari si è preferito sorvolare.
In una maniera altrettanto efferata e ancora misteriosa sono morti altri, in Italia, negli ultimi anni. Federico Aldrovandi. Stefano Cucchi. Negli ultimi anni, in Italia, è come se a intervalli regolari alcuni rappresentanti delle forze dellordine si lasciassero prendere da un raptus. Non è una questione politica. Nei casi Aldrovandi, Cucchi e Uva destra e sinistra non centrano. Centra unesplosione di violenza animalesca, consumata allinterno di una sede istituzionale. Un fiotto di cieca brutalità che si impadronisce di poliziotti e carabinieri in modalità random.
Il lettore benpensante quando si imbatte in notizie del genere si aggrappa a pensieri del tipo: ma chissà lui che aveva fatto. Era ubriaco. Era drogato. Era matto. Di solito si passa subito alla prossima notizia, perché è difficile accettare che cose del genere possano succedere in un paese che non si trova sotto dittatura.
E se succedono, succedono sempre ai figli degli altri.