"Con Dio preferisco parlare direttamente. Gli intermediari pretendono sempre la percentuale."
(Pino Caruso)
(Un lacerto pasquale dell'"Arte di Annacarsi": Scicli)
...La domenica di Pasqua si celebra quella che ufficialmente è la festa del Cristo Risorto, ma che tutti gli abitanti del paese chiamano familiarmente u Gioia, ossia LOmu Vivo. La figura del Redentore viene trattata con la familiarità persino insolente con cui si tratterebbe un amico ipocondriaco, tornato dallospedale senza che gli sia stata riscontrata nessuna delle malattie che temeva. Il tutto comincia con grande compostezza, come una normale messa di Pasqua, e compostamente dura fino al momento della benedizione. Espletato lobbligo minimo, il parroco fa una serie di inviti alla prudenza che nessuno sta ad ascoltare, dopodiché se ne lava le mani e lascia campo libero ai giovani maschi del paese che si impadroniscono della statua e scatenano un sabba che comincia già in chiesa e poi sul sagrato, prima di lanciarsi per le vie di Scicli. Le urla dei portatori Giò-giò-giò-Gioia! sono onomatopee sessuali. La statua stessa, ritmicamente scrollata si trasforma in un simbolo fallico da brandire sulla punta delle dita, agitandola verso i balconi che ospitano le ragazze più belle del paese, da cui i portatori vogliono essere ammirati. Allo stesso tempo i bambini più piccoli vengono ostentati di fronte al fercolo al grido di Crìscilo!, fallo crescere. Tutto questo mentre si sparano petardi e la banda musicale esegue un tripudio di marcette di carattere anche quelle tuttaltro che devozionale. A rigor di femminismo, questa non sarebbe nemmeno la festa più simpatica che ci sia, considerate le dosi di testosterone che circolano. È la festa dellesibizionismo maschile, dellostentazione fallica. Lesibizione di unerezione, di una penetrazione: in alto e in basso, dentro e fuori dalla chiesa. Gli stessi portatori, fra un grido e laltro fanno partire lapplauso per se stessi, compiaciuti del proprio virilismo...