NAZIONALE-MALATA,-NAZIONE-INFETTA

Quando nel 1970 la nazionale di Valcareggi tornò in Italia dopo il campionato mondiale di calcio, venne accolta in aeroporto da una folla di contestatori. Ed era la nazionale di Italia-Germania 4-3; aveva perso in finale contro il Brasile di Pelè. Eppure ci fu gente che trovò tempo e voglia di andare a Fiumicino per fischiare Riva, Mazzola, Rivera e compagni perché erano “solo” vicecampioni del mondo.
Dissolvenza. Quarant’anni dopo.
Il ritorno della peggior nazionale di tutti i tempi, ultima nel più scarso dei gironi di qualificazione al Mondiale in Sudafrica, avviene sempre a Fiumicino in una cornice di quasi totale indifferenza. A gridare “vergogna” è qualche sporadico passeggero che si trova lì per caso. In compenso ci sono pure un paio di fan con tanto di bandiera in spalla, a consolare gli sfigatissimi campioni e incassare qualche autografo dal dubbio valore commerciale.
Nella differenza di trattamento, nell’incongruenza delle due reazioni, sta tutto il mutamento intercorso nella società italiana durante questi quarant’anni. Non si può certo dire che il calcio nel frattempo abbia perso di fascino popolare, anzi. E se viceversa l’Italia avesse vinto, l’accoglienza sarebbe stata trionfale, come fu quattro anni fa. Eppure, il lutto per l’eliminazione è stato elaborato a tempo di record.
Alla ricerca di sintomi dell’imminente fine del mondo, il tramonto dello stellone italiano è sicuramente significativo, per gli appassionati di calcio. Ma ancora più significativa è la rassegnazione con cui questo tramonto è stato accolto dall’intero Paese. È come se fossimo consapevoli di aver troppo abusato della nostra fortuna, e avessimo tenuto da parte l’ultima stilla di pudore che ci impedisce di chiedere oltre.
Da diversi segni della storia appare sempre più chiaro che l’Italia sarà l’epicentro dell’ormai prossima fine del mondo. Lo spettacolo sarà itinerante, secondo il calendario Maya; ma è qui che si terrà la Prima Assoluta.



Roberto Alajmo | 03/09/2010 | Letto [2064] volte

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