Un-tichet,-per-favore

Qualche settimana fa sono stata a Palermo ed ho avuto più di un episodio di sconforto difronte a come le iniziative, i monumenti vengano semplicemente lasciati in balia di se stessi e destinati ad una lunga, polverosa, arrugginita deriva e fine. Due esempi:
La Zisa: la cancellata arrugginita e semiaperta/semichiusa già fa un'impressione pessima. Praticamente il cancello è chiuso con un catenaccio ma lasciato abbastanza aperto da potere entrare, in fila indiana e con qualche problema se si hanno borse ingombranti di macchine fotografiche, ecc. Ci si domanda: è aperto o chiuso? Ci si avventura in uno spazio che sa di abbandonato: lampioni rotti, vasche vuote; non un cartello che indichi cosa era quel giardino, un disegno di una ricostruzione, una foto di come era stato restaurato... niente di niente: o hai letto Bellafiore il giorno prima o non capisci niente. Passi sotto un portico di locali abbandonati chiusi da porte che sembrano state prese da appartamenti anni 70 (classica porta in legno scuro-rossiccio con maniglia lineare in ottone scadente che fa puzzare le mani)fermate con il fil di ferro e ti ritrovi davanti ad un cartello-freccia con su scritto, con grafia da fruttivendolo : tichet 6 €. Si si, tichet!! All'interno della Zisa, un gruppetto di schiffarati quasi scocciati che tu sia lì. Ti dicono solo: niente foto e ti pedinano o ti fanno agguati da dietro le pareti (tipo sorveglianti di supermercati di periferia)per vedere se lo fai. Anche lì, poche e superficiali spiegazioni. Non una guida, non un opuscolo. Nervi e tristezza da farti scappare via.

Antonia



Daniela Vaccaro | 01/09/2010 | Letto [2541] volte

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