"Se uno ha un martello, ogni cosa gli sembra un chiodo"
(Abrham Maslow)
C’era un’espressione tipica con cui cominciavano spesso i servizi giornalistici televisivi nel periodo compreso fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta. “Non possiamo/dobbiamo arrivare impreparati alla scadenza del ‘92”. Oppure: “Bisogna arrivare con le carte in regola in vista della scadenza del ‘92”. Cosa dovesse succedere nel ’92 forse era stato spiegato in un precedente, ormai remoto altro servizio, per cui la maggioranza dei telespettatori non aveva un’idea precisa di cosa dovesse succedere, nel ’92.
Vagamente, dal contesto, si capiva che era qualcosa che aveva a che vedere con la circolazione di persone e beni, forse nell’ambito della Comunitŕ Europea. Dal singolo servizio si coglieva solo l’ansia per l’approssimarsi di una scadenza preoccupante. Eravamo preparati alla scadenza del ’92? Sicuramente no, visto che non sapevamo manco di cosa si trattava. E cosa potevamo fare noi cittadini per metterci in regola? Non si sapeva, non si capiva.
Il crescendo di suspense č durato un bel po’, fino alla vigilia del fatidico capodanno. E l’indomani – rullo di tamburi - non č successo niente. Successivamente hanno spiegato che c’era stato un piccolo equivoco: dicendo “’92” si intendeva “la fine del ‘92”. Cioč, di fatto, il ’93. Falso allarme; o meglio, allarme rinviato. Ancora per un anno i telegiornali hanno detto “Non possiamo/dobbiamo arrivare impreparati alla scadenza del ‘93”. Oppure: “Bisogna arrivare con le carte in regola in vista della scadenza del ‘93”. Poi, il primo gennaio del ’94, tutti si sono svegliati trattenendo il fiato, e hanno continuato a trattenerlo anche per i giorni successivi, fin quando č successo quello che doveva succedere: niente.
La vita quotidiana č proseguita piů o meno identica, almeno quella dei semplici cittadini. A meno che, certo, non fossimo riusciti per puro caso ad arrivare preparati alla scadenza del ’92-’93. La solita fortuna dei dilettanti che si trovano a cavarsela senza merito.