UNA-PROPOSTA-PER-I-GRAFFITI:-INTERRIAMOLI

(Da Repubblica)
La grotta dell’Addaura! L’articolo di Repubblica domenica scorsa è suonato, alla memoria di un paio di generazioni di palermitani, come una specie di madeleine proustiana. Chi se la ricordava più, la grotta dell’Addaura? Chi ha trent’anni, per dire, di sicuro non l’ha mai vista. E anche fra i quarantenni non sono molti a poter dire di esserci entrati. Per tutti gli altri, è un ricordo d’infanzia.
Oggi come oggi non ci sono indicazioni per riuscire a raggiungerla. Dalla strada, grossomodo, bisogna arrivare alla terza discarica d’immondizia e poi salire sulle falde di monte Pellegrino. Una cancellata a valle e una grata a monte impediscono l’accesso a chi non abbia voglia o sia in grado di scavalcare e incunearsi. La grata messa a protezione contro le incursioni dei vandali è così fitta che dall’esterno non si riesce a vedere nulla. Il contesto è scoraggiante. Però i malintenzionati, volendo, possono sempre entrare, come ha dimostrato la giornalista Valeria Ferrante. A restare fuori come persone sgradite sono solo le persone normali, gli studiosi e i turisti.
Anche avanzare formale domanda per visitare la grotta è inutile, perché poi sul tavolo del sovrintendente, a quanto pare, le domande non arrivano. Alcuni studiosi francesi nelle scorse settimane erano venuti per vedere i graffiti, hanno fatto domanda, ma agli uffici non risulta, e quindi non hanno ricevuto risposta. Così come il Fondo per l’Ambiente Italiano, che qualche anno fa aveva chiesto di poter gestire il sito sul modello esemplare della Kolymbetra di Agrigento. Anche per il Fai, nessuna risposta.
A parte la vergogna per la maniera in cui il sito si trova abbandonato, il proibizionismo della sovrintendenza ha certamente le sue ragioni. Esiste un pericolo di caduta massi, alibi capace di stroncare qualsiasi obiezione. Però il rischio di frane non ha impedito ai free climber di piazzare proprio all’imboccatura della grotta una delle loro “vie”, con tanto di chiodi e moschettoni fissati alla parete di roccia.
Il caso della grotta dell’Addaura possiede una sua paradossale esemplarità. Dimostra come dalle migliori intenzioni possano scaturire pessimi risultati. Che è un po’ il problema generale delle Sovrintendenze italiane. Da quando esistono hanno cercato con rigidezza di preservare il paesaggio e i beni culturali di questo Paese. Ma a giudicare da come nel frattempo si sono ridotti paesaggio e beni culturali, qualcosa dev’essere andato storto. Prima o poi bisognerà sollevare il problema di come ha funzionato, dal dopoguerra a oggi, la barricata delle Sovrintendenze.
Al momento, si può solo credere sulla fiducia al Sovrintendente, che dichiara di volere riaprire al pubblico la grotta. Ma la riapertura è subordinata allo stanziamento di alcuni milioni di euro. Come dire: campa cavallo. Graffiti come quelli dell’Addaura altrove sarebbero considerati fra le maggiori attrattive turistiche cittadine. A Palermo, invece, vengono tenuti in un purgatorio di memoria che magari, a pensarci bene, possiede una sua logica aberrante.
Forse la verità è che non siamo degni. Noi siamo quelli che appena un monumento viene restaurato e riaperto al pubblico, rimediamo subito con qualche teppista che al prezzo di una bomboletta di vernice spray decide di segnare il territorio sovrapponendo il suo schizzetto alla testimonianza della Storia. Quindi, per colpa di qualcuno, non si fa credito culturale a nessuno. La grotta viene non solo chiusa, ma ne vengono anche cancellate le tracce circostanti, in modo da evitare sfregi ulteriori. Forse sarebbe meglio murarla del tutto. Mascherare l’ingresso e cancellarne le tracce.
È quel che fecero gli ebrei nell’imminenza della loro cacciata dal regno di Spagna, nel 1492: interrarono le mikwah, i bagni rituali, per evitare che qualche mascalzone potesse profanarle. Alla Giudecca di Siracusa ogni tanto ne viene scoperta qualcuna di cui si era completamente persa la memoria. Allo stesso modo, fra qualche anno nessuno si ricorderà più della grotta dell’Addaura. Certo, ci saranno le riproduzioni sui libri. Ma nessuno sarà in grado di localizzarla. La tutela, a quel punto, sarà integrale. Possiamo solo sperare che la grotta venga riscoperta fra qualche secolo, da una civiltà migliore, capace di valorizzare le proprie ricchezze culturali.



Roberto Alajmo | 16/11/2011 | Letto [2622] volte

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