"Non posso vivere con una persona che non può vivere senza di me"
(Nadine Gordimer)
(Si chiama Passaggio di testimone. Lo ha appena pubblicato Navarra. Undici giornalisti di oggi raccontano undici giornalisti uccisi dalla criminalità organizzata. Io ho preso lappalto di Giuseppe Impastato, che molti oggi chiamano Peppino. Questo è un brandello del mio ragionamento)
Insomma: la strada segnata per il giovane Impastato era quella. Nipote di mafioso, figlio di mafioso, ergo: mafioso lui stesso. Ci sono binari da cui non si può deragliare. Eppure capita, si deraglia. Ecco cosa significavano, metaforicamente parlando, i resti del suo corpo vicino alla strada ferrata: un deragliamento. Il deragliamento di Impastato risultava intollerabile pur essendo una pura e semplice rivolta generazionale, almeno allapparenza. Ma non in Sicilia, non a Cinisi, non in quegli anni.
Giuseppe Impastato era portatore di una mutazione genetica. Un granello di polvere si era infiltrato fra le spirali del suo DNA e laveva fatto degenerare. Era un mutante, ecco la differenza. Lenorme differenza. Perché deragliando a titolo personale, il giovane Impastato si sarebbe tirato dietro tutti i vagoni delle generazioni a venire. Per gli stessi suoi compaesani rappresentava lesempio di un riscatto personale che violava le regole dellappartenenza. Un esempio potenzialmente contagioso. Assassinarlo è stata la reazione tipica di quellespressione di nazismo omeopatico che è Cosa Nostra, la cui ideologia è fortemente eugenetica. Tano Badalamenti è Mengele, Impastato il portatore di una tara strutturale da stroncare sul nascere per salvare la purezza della razza mafiosa