"Dunque, madre: che cè?"
(William Shakespeare, Amleto)
Magari sono io che subisco il fascino dei perdenti di successo, ma mi pare crudele laccanimento che circonda in questi giorni Pier Luigi Bersani.
Non sarà un giacimento di carisma, né lo avrei votato alle primarie. Ma insomma: con le primarie gli si chiedeva di mettersi in gioco, e lha fatto. Gli si chiedeva di coinvolgere Renzi in campagna elettorale, e lha fatto. Gli si chiedeva di rispettare il risultato del voto per la compilazione delle liste, e lha fatto. Gli si chiedeva di escludere i cosiddetti impresentabili, e lha fatto.
Si poteva dignitosamente negargli il voto? Io stesso lho votato, convinto per la prima volta dalla proposta del Partito Democratico.
Ora spuntano un sacco di strateghi a posteriori che puntano il dito sugli errori commessi in campagna elettorale, rinfacciando a Bersani di non aver saputo intercettare gli umori dellelettorato, come sempre si dice col senno di poi.
Invece lui è solo il Romolo Augustolo dellImpero dei Partiti. Non peggiore di altri che lo hanno preceduto, ma vittima della storia che sta travolgendo il sistema.
E poi cè da fare i conti con la realtà: esistono gli avversari. Linservibile vittoria di Bersani è dovuta alla riuscita saldatura berlusconiana fra mascalzoni e deficienti.
Credete che mettendo assieme le due categorie in Italia non si arrivi comunque al trenta per cento?