"Con Dio preferisco parlare direttamente. Gli intermediari pretendono sempre la percentuale."
(Pino Caruso)
Nel dialetto siciliano Virrina è, dizionario alla mano, il punteruolo a elica. Un rudimentale trapano. In senso translato, dire a qualcuno si' 'na virrina equivale a dargli dell'insistente. Dell'inquisitorio.
Mi pari 'na virrinedda, si dice di persona troppo ossessiva e indiscreta.
Non mi risulta che qualche studioso abbia mai individuato l'origine di questa espressione.
Mi azzardo a farlo io, con la discrezione di chi non è del ramo etimologico.
Allora: Virrina, senza nemmeno troppo variare, proviene da Verrine, il nome che presero le sette orazioni pubblicate da Cicerone in accusa di Gaio Licinio Verre, govenatore romano di Sicilia dal 73 al 71 avanti Cristo. Poco più di un paio d'anni, ma bastanti a depredare molto oltre ogni decenza.
In realtà a Cicerone bastò pronunciare le prime due orazioni per indurre Verre a prendere la via dell'esilio: le altre cinque Verrine sono un di più che divulgò per portare acqua al mulino della sua parte politica, se ancora ce ne fosse stato bisogno.
Da allora in Sicilia si dice Virrina per accusare qualcuno di eccessiva insistenza, con una connotazione negativa che capovolge i ruoli di accusato e accusatore.
Evoluzione di significato che lascia riflettere anche oltre il significato etimologico della parola.