"In fondo, muoiono sempre gli altri"
(Epitaffio di Marcel Duchamp)
Qualche anno fa, a Palermo fecero un sondaggio nelle scuole. Risultò che una discreta maggioranza di alunni considerava la mafia tutto sommato accettabile. La notizia suscitò un piccolo scandalo presso la società civile, che se la prese con i rilevatori sostenendo che comunque la domanda era mal posta. Questione liquidata. Peccato: era unoccasione per guardare in faccia la realtà. Lidea che la mafia dia lavoro, per esempio, è molto più radicata in Sicilia di quanto la nostra buona fede antimafia sia disposta ad ammettere. Ma per disinnescare unidea sbagliata bisogna prima capirla e accettare che qualcuno possa prenderla per buona. Dopodiché spiegare che la mafia dà lavoro solo dopo aver creato le basi della disoccupazione. Un libro che guarda in faccia la realtà, raccontando cosa pensano e come parlano i mafiosi è quello di Attilio Bolzoni, pubblicato da Rizzoli: Parole donore. Sottotitolo: le voci di Cosa Nostra. Il gergo dei suoi uomini. Fra riti e tragedie, mezzo secolo di mafia nella parlata dei mafiosi. Il libro raccoglie molti documenti e poche riflessioni. Si limita a mostrare, facendo al massimo qualche accostamento illuminante, e questa è la sua forza. Il lettore è portato a calarsi nelle aberrazioni del pensiero criminale senza moralismi preconfezionati: lindignazione, se se la trova, ce la deve mettere lui. I boss parlano male e pensano male, ma bisogna avere la pazienza di ascoltarli e sforzarsi di capire come pensano. Per questo i migliori poliziotti e magistrati antimafia sono a loro volta siciliani. In Sicilia, sosteneva Leonardo Sciascia, si nascondono i cartesiani peggiori. E come diceva Falcone: Conoscendo gli uomini donore ho imparato che le logiche mafiose non sono mai sorpassate né incomprensibili. Sono in realtà le logiche del potere, e sempre funzionali a uno scopo. (Illustrazione di Gianni Allegra)