"Il sasso che uno stolto getta in mare, dieci saggi non sono in grado di ripescare"
(Proverbio ebraico)
Il 6 agosto saranno trascorsi esattamente sette anni da quando il Sindaco, su Repubblica, rispose alla mia richiesta di “attenzione per una storica vergogna cittadina, il Cortile Criscione a piazza Indipendenza, nella speranza di un intervento riparatore della secolare incuria”.
Il primo cittadino assicurò di conoscere “la storia del Cortile”, e che c’era “sulla vicenda la massima attenzione”. Aggiunse che “l’Amia ne effettua regolarmente la pulizia. La zona, purtroppo, viene utilizzata come discarica abusiva ed è una di quelle censite e tenute sotto controllo”. E concluse dicendo che “richiederà un po’ più di tempo la sistemazione definitiva… subordinata a tre grandi opere”, cioè l’emissario fognario sud, i lavori per il passante ferroviario e la creazione di un grande collegamento viario “l’attraversamento del centro storico in galleria che si allaccerà al prolungamento di via Imera passando sotto piazza Indipendenza per collegarsi con via Basile.”
Ho atteso pazientemente, ma chiunque può riscontrare il “non mantenimento” degli impegni presi. Sino al crollo del muro su Piazza Indipendenza nello scorso inverno.
Andiamo con ordine. La storia pubblica del Cortile Criscione inizia con l’apposizione da parte del Comune nel 1872, come testimoniano una lapide sul posto e un atto notarile, di un antesignano vincolo di quasi “non edificabilità” per “mantenere la vista dei giardini” su via Colonna Rotta, quando il sindaco Peranni aveva stipulato un patto oneroso con i proprietari del terreno sottostante per continuare ad ammirare uno dei panorami più belli della città, una distesa di coltivazioni verdi e curate che seguitavano a perdita d’occhio sulla depressione del Papireto e di Danisinni.
Delle vicende dell’emissario fognario sono prova gli allagamenti, sino allo scorso inverno, del “vallone di Via Imera”. I lavori del passante ferroviario sono in corso, e stravolgeranno l’assetto viario della zona, da Via d’Ossuna a Corso Tukory, il progetto prevede cambiamenti di quote, spostamenti del tracciato viario, demolizioni, rampe di collegamento, posteggi, ecc. Insomma la completa modificazione di questa parte di città.
Della folle idea di attraversamento “in galleria del Centro storico” se ne parla da prima della seconda guerra mondiale, non facciamo commenti.
Tutto, insomma, concorre ad una idea di città sempre più a misura d’auto, e non d’uomo.
Nessuna riflessione abbiamo invece letto, in questi sette anni di attesa, su cosa socialmente rappresentano oggi Porta Nuova, Piazza Indipendenza, Cortile Criscione, Danisinni. I luoghi della “Bisca con allarme luminoso” in cui fece irruzione nel 2002 la Guardia di finanza trovandovi puntate sino a cinquemila euro? La denominazione di una famiglia mafiosa, quella, appunto, di Porta Nuova? Un luogo di quotidiana anarchia, con giostre dentro le aiuole, venditori vari (di frutta e verdura, di pane abusivo…) che invadono marciapiedi e sedi stradali (che fine ha fatto il “regolamento per l’installazione dei chioschi autorizzati alla vendita di piante e fiori” approvato dalla giunta comunale nel marzo del 2007?), posteggiatori abusivi ben tollerati, sosta doppia e tripla che produce ingorghi d’ogni tipo? Un insieme di “centrali di spaccio” e consumo di stupefacenti, come facilmente può verificarsi passando la sera attorno all’obelisco che ricorda appunto le vittime per l’Indipendenza, o nella zona di Via Imera?
E’ una variante, consentiteci, della riflessione di Sergio Troisi di qualche giorno fa, sempre su Repubblica, su una città che non sa, e non vuole, “progettare il contemporaneo”: contemporanei sono (o dovrebbero essere) i progetti e le persone che li vivono (o subiscono), contemporanei sono i legami tra assetto del territorio e sociologia, e contemporanee e future possono essere le conseguenze di scelte improvvide.
Se Palermo fosse “capitale”, come spesso millantano gli amministratori comunali, provinciali e regionali, Piazza Indipendenza, con la limitrofa Villa Bonanno (ormai anch’essa fondamentalmente un posteggio), sarebbe il centro del mondo, con le sedi del Governo e del Parlamento regionale, con i comandi di tutte le forze armate, con la sede delle gerarchie ecclesiastiche, con i più noti monumenti cittadini.
Se Palermo fosse capitale. Ma non vuole esserlo.
Giuseppe, assessore alla memoria, nel giorno della sua nomina, 31 luglio 2009
Nel testo avevo tralasciato una categoria che compone la "nicchia ecologica" di Piazza Indipendenza, ma i vostri apprezzamenti m'inducono a palesarla:
sono un paio di anziane prostitute (completamente abbrutite in stile pavaglianisi) che si accompagnano ai giocatori di carte della villa, e che per pochi euro, ma basta anche una birra o qualche pacchetto di sigarette, effettuano servizi "veloci" tra le aiuole.
(ovviamente lo sapete che non m'invento nulla per gusto letterario)