"La castità è una virtù che i preti si tramandano da padre in figlio"
(Un anonimo prete)
La camera 201 è intitolata "La stanza del profeta - Omaggio a Pier Paolo Pasolini". Per capirsi con la portineria dell'albergo, semplicemente: "la Pasolini". Le pareti sono ricoperte di uno strato di paglia e fango, come le costruzioni yemenite del "Fiore delle mille e una notte". Al centro c'è un enorme letto ai piedi del quale, sotto teca, si trova un campione significativo della sabbia dell'Idroscalo, dove Pasolini venne assassinato. L'intera parete di fondo è una vetrata che dà sul mare. Un'altra è la camera di Nagasawa, "Mistero per la luna", tutta profilata di bronzo, con una sola lampada a olio come illuminazione. Oppure la camera di Canzoneri, "Linea D'Ombre", che pare una nave. O ancora quella disegnata da Renato Curcio, "Sogni fra Segni". A vederlo da fuori, "Atelier sul mare", a Castel di Tusa, sulla costa tirrenica della Sicilia, non si discosta moltissimo da un normale hotel balneare degli anni settanta, con quel tanto di malinconia che suscitano gli edifici del genere. Però qualche traccia della sua eccentricità già all'esterno si trova: una colonna dorata che simula un torso femminile, oppure la facciata ricoperta dalla rassegna stampa dello stesso albergo. Un albergo che ha pochi paragoni al mondo, pochissimi in Italia, e nessuno di questo livello. Il proprietario si chiama Antonio Presti, di professione mecenate. È uno di quei siciliani che tirano la corda pazza fino a strapparla. Più di dieci anni fa ha avuto l'idea di comprare un albergo qualsiasi e trasformarlo in un'opera d'arte se non vivente, almeno di sicuro vissuta. L'idea è quella di affidare ogni camera all'estro di un artista diverso. Oltre ai già citati, ci sono pure Maria Lai, Maurizio Mochetti, Fabrizio Plessi, Raoul Ruiz, Mario Ceroli, Mauro Staccioli, Luigi Mainolfi, Paolo Icaro, Dorazio e Marini. Ora bisogna dire questo: come opera d'arte questo edificio meriterebbe tre soli, come albergo, forse un ombrellino. Né la sintesi può essere una nuvoletta, perché l'ospite ha il dovere di arrivare qui sapendo cosa lo aspetta. Magari all'inizio può schermirsi e schernirsi adottando l'(auto)ironia nervosa che spesso accompagna i fruitori non professionali dell'arte contemporanea, la quale a sua volta si muove spesso sul crinale che separa il capolavoro dalla stronzata. E però una cosa è la fruizione concentrazionaria, museale di un'opera d'arte, e un'altra cosa è dormire dentro un'opera d'arte. Può succedere che l'ospite stenti ad accettare, astrattamente, di non poter disporre, per scelta artistica altrui, di un comodino e di una luce sul comodino. O che il rotolo della carta igienica non stia fermo mentre lui cerca di staccarne un pezzo. O che trovare l'interruttore della luce risulti operazione complicata. In certe stanze, come la 201, uno specchio davanti al lavello potrebbe far comodo. Le lamentele, certe volte, vengono dai clienti che non trovano il televisore in camera. In compenso in quella di Plessi ce ne sono cinque, tutti sintonizzati su immagini di onde marine, mentre le pareti sono interamente coperte da finestre chiuse. Insomma, è un albergo impegnativo, e non solo per chi ci dorme: in certe camere, per cambiare una lampadina fulminata bisogna abbattere mezza parete. Solo che tutte queste complicazioni a conti fatti appaiono altrettante fisime personali, perché dormire in un albergo così è un'esperienza che non si dimentica. E non certo per le oggettive, indimenticabili scomodità.Il fatto è che in un albergo del genere dormire comodamente non è una priorità. Anzi: la visione del mare - sempre nella famosa 201, ideata dallo stesso Presti - è una conquista travagliata, che viene solo dopo aver affrontato un inquietante corridoio-labirinto pieno di specchi: meglio la sera lasciare accesa la luce, per evitare spaventi e smarrimenti. Ma quando mai l'arte ha avuto il dovere di essere consolatoria?Del resto, questo non è un posto dove trascorrere lunghi periodi, a meno che non ci si voglia levare lo sfizio di cambiare camera ogni giorno. Qui si dorme una notte o due, poi si torna al rassicurante letto di casa, con uso di comodino e vista sul televisore. E se proprio non si riesce a resistere, allora si può chiedere alla direzione di essere trasferiti in una delle camere "normali". Ci sono anche quelle, e costano persino meno.