"Quelli che la pensano come noi, appunto, sono quelli che non la pensano come noi"
(Leonardo Sciascia)
Pierluigi Battista mi fa l’onore di uno sberleffo sul Corriere della Sera. Oggetto: l’articolo sulla raccolta di fondi privati da destinare alla scuola dello Zen. Battista mi dŕ nell’ordine del “tirato”, “micragnoso”, “tirchio” e “spilorcio”. Alla classica ricerca giornalistica dei sinonimi manca solo “taccagno”, ma solo perché io stesso mi ero giŕ autodefinito cosě.
In realtŕ speravo di averla messa su un piano un po’ meno sordido di come appare dall’articolo del Corriere. La mia tesi č che il benemerito intervento di forze di volontariato “esterne” allo Zen, alle attuali condizioni ambientali possa risultare addirittura controproducente. Possa cioč essere vissuto dalle componenti criminali endemiche del quartiere come una forma di colonizzazione per giunta disarmata, provocando il circolo vizioso che sembra aver preso di mira la scuola “Falcone”. Tu, borghese, vieni qua a riparare la scuola? E io la rompo di nuovo. E cosě via.
Per spezzare il circolo vizioso si potrebbe tentare di presidiare un po’ meglio il territorio: allo Zen tuttora non sanno nemmeno di che colore sono le divise dei vigili urbani. Conclude Battista: “Prima che si muova lo Stato, qualche euro per riparare d’emergenza un vetro rotto non farebbe poi tanto male”. Ma quando i vetri sono stati rotti la prima volta era giugno, la scuola era chiusa. Gli alunni torneranno solo a settembre. Lo Stato ha (avuto) tre mesi per risolvere questa cosiddetta emergenza attingendo alle mie tasse. Se non ha ritenuto di farsi vivo autorizza implicitamente i vandali a rompere ancora e sempre i vetri delle finestre. Facciamo cosě: lo Stato mandi un vigile urbano allo Zen come memento della propria esistenza, e i vetri della Falcone li riparo tutti a spese mie.
(Illustrazione di Gianni Allegra)