"Piuttosto che doverci lasciare, allora tanto vale lasciarci"
(anonimo innamorato che preferisce non soffrire)
(Domani al Parco della Musica di Roma va in scena una specie di oratorio con musiche di Marco Betta ispirato all'Almanacco Siciliano delle Morti Presunte. Questo è il testo del programma di sala)
Io stesso ascoltavo in televisione espressioni come tragico attentato, povera vittima e mi pareva di individuare in quella semplice accoppiata di aggettivo e sostantivo le caratteristiche della narcosi. Ascoltavo tragico attentato e mi dicevo: ah, cè stato un altro tragico attentato. Con quellespressione il giornalista si faceva carico anche della commozione che in teoria avrebbe dovuto suscitare in me.
Così pure sui giornali, quando la descrizione di un delitto si fa dettagliata, è destinata a perdere efficacia. Più si sforza di dire, meno ci riesce. Troppe informazioni, nessuna informazione.
Per cui la scommessa di questo Almanacco, che nel 95 uscì per le Edizioni della Battaglia, è quella di sottrarre non solo aggettivi, ma anche informazioni. Specialmente quel genere di informazioni che la voluttà dellopinione pubblica si aspetta di ricevere. Se fossimo al cinema, la soggettiva della vittima si fermerebbe nel momento in cui improvvisamente si esaurisce la pellicola. Niente sangue.
E niente di nuovo, a pensarci bene: nella tragedia greca il sangue scorreva sempre fuori scena. E limpatto, anche dopo venticinque secoli, risulta più efficace di qualsiasi resoconto giornalistico dettagliato. In Sicilia ci sforziamo di buttarla in commedia, ma tutto sembra sempre destinato a virare in tragedia.