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COPERTINA MATTO AFFOGATO


Nel nome del padre

Ho un figlio di 7 anni, ultimamente sta dimostrando un maggiore attaccamento a me. Non nel senso che prima non lo fosse, solo che adesso vedo un attaccamento più maturo. Prima mi cercava esclusivamente per giocare. Anche adesso, lo fa, ma con una leggera differenza, mi cerca come complice, per imparare. Vedo che assorbe da me determinati meccanismi per emulazione, cerca di capire cosa penso e perchè. Certamente è la naturale ammirazione pre-adolescenziale di un figlio verso il padre, non una precoce genialità.
So già che nell’adolescenza si allontanerà da me, la critica prenderà il sopravvento e via dicendo. L’ho già vissuto io con il mio di padre. Ma di una cosa sono certo: anche nel contrasto io ho continuato ad assorbire da lui coscienze e pensieri, anche più di prima se possibile.
Io sono frutto del “mio padre è il migliore del mondo” e del “mio padre è un despota”, contemporaneamente. Ciò che di lui non capivo da ragazzino l’ho capito successivamente. Era lì da qualche parte questa coscienza, al momento giusto per me è venuta fuori.
Noi figli, ad una certa età, tendiamo a non dimostrare più ai genitori le similitudini che abbiamo con loro. Non significa però che, dentro di noi, loro non rimangano i principali maestri e i più cospicui punti di riferimento.
Mi sono trovato di fronte a bivi simili, se non uguali, a quelli di mio padre, e ho scelto sempre la sua medesima strada, la stessa che avevo criticato tanti anni prima. Ma se non avessi saputo che mio padre era passato dallo stesso bivio e per quali ragioni avesse scelto quella strada, avrei impiegato più tempo per decidere che quella era la strada giusta o anche per decidere che quella NON era una strada da seguire.
Io sono contento e onorato di appartenere alla stessa "minoranza" a cui appartiene mio padre.
Non so se avrò mai il coraggio di dire a mio padre tutto ciò. Spero però che lo abbia già capito.

Tanus


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Daniela Vaccaro | 09/04/2010

Letto [2091] volte | permaLINK | CHI LEGGE, CHI SCRIVE  



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