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UNA GOCCIA NELL'OCEANO DELLA MUNNIZZA (2)

(Da Repubblica - seconda parte)
...Ma vedi com’è fatto il cervello umano, quante cose riescono a entrarci in poco tempo. Un attimo prima di dare un personale contributo al tracollo del tuo stesso habitat, ha pensato pure: questa città ormai viaggia spedita verso il disastro ecologico. Uno tsunami di spazzatura sta per travolgerla. Si tratta solo di tempo. La traiettoria verso il collasso è arrivata oltre la linea di non ritorno, e il tuo fazzolettino non solo era poca roba, ma anzi rappresentava un contributo di chiarezza, in un certo senso. Diciamolo: qualcosa di cui andare orgoglioso.
Esiste un punto oltre il quale ripristinare condizioni di normale vivibilità risulta impossibile. Da quel punto in poi, ogni cartaccia in più a terra è una piccola accelerazione verso il disastro. Inutile tirarla per le lunghe. Una morte rapida e non se ne parli più. Con la consapevolezza che dopo ogni disastro c’è sempre una ricostruzione. Dopo ogni guerra, un dopoguerra. È nei dopoguerra che gli italiani sanno dare il meglio di sé. Per cui ecco quello che hai pensato prima di gettare la tua carta per terra: tanto peggio, tanto meglio. Una pulsione inconfessabile, come il desiderio di strappare la spina alla macchina che tiene ancora in coma vegetativo una persona cara, che hai amato più di te stesso. E che proprio per questo non accetti di veder soffrire.
Non che sia giusto o condivisibile. Ma ammettiamolo: forse questo ragionamento ricorre sempre più di frequente, anche fra le persone meglio intenzionate che abitano in questa città.
(Fine)

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Roberto Alajmo | 18/04/2010

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