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L'ALTRA VITA DI OGNIBENE ANTONINO

(Un frammento di monologo tratto dalla versione teatrale del "Repertorio dei Pazzi")

(Entra Ognibene Antonino. Ha una valigia di cartone e una sigaretta accesa. La spegne. Dall’altra parte entra una donna)
Ognibene Antonino: (Dà un’ultima boccata alla sigaretta, poi la lascia cadere in terra pestandola sotto i piedi) Nienti.
(Alla donna) Signo’ ce la posso offrire una sicaretta? (La donna non risponde. Lui ne accende una)
...Che poi, che ci avevo detto un qualche cosa, io a quelli? Io manco lo sapeva chi erano... E forse manco lo voleva sapere... Arrivano, si mettono là e m’incominciano a taliàre. Nienti. Primo uno. Quello, quello alto. Arriva e mi fa, dice:
“Zio?...Zio?”
Ma quale zio e zio? - ci stavo dicendo. Poi se ne passano due giorni e quello stesso - quello alto - se ne torna. Stavolta co’ una, una distinta. Quella la signora allora mi fa, dice:
“Zio? Gabriella! Io, Gabriella”.
Ci dissi: “E l’ho capito, signora: Gabriella.”. Manco se ci dicevo non lo so che cosa! Attaccò a piangere che non la finiva più, che pareva nutrìca... Se ne passano altri due giorni e mi chiamano dal direttore, nientedimeno, che io pure un poco pure mi scantàvo. Come fu: mi fecero entrare e subito subito mi trovo davanti il signore quello alto del primo giorno, la signora quella distinta, che s’era messa a piangere, e che ancora ci aveva coll’occhi lucidi, e un’altra signora, chista più vecchia. E il direttore. A un lato. All’impiedi.
(Alla donna) Signo’, veramente non la vuole una sicaretta?
Io non ci dico niente, anche perchè, che so?, mi pareva che mi dovevano fare una qualche cazziàta: quella piangeva e magari ci pareva che ci colpàvo io. Nienti. Tutti zitti, fermi, ‘mpalati...
Se ne esce il direttore e spunta che ora improvvisamente non sono più ‘Minico - ‘Minico siccome là c’ero arrivato di domenica - ma ora invece mi chiamo Ognibene Antonino, fu Carmelo, disperso in Russia dal millenovecentoquarantatre. E preciso a “novecentoquarantatre”, quella distinta attacca di nuovo a piangere che non la finiva più... E pure la signora quella vecchia si mise a piangere e tempo che me ne accorgevo mi abbracciò stretto stretto che gridava “‘Ntonino! Frati! Fratuzzo! Fratello! Sangue, sangue mio!” Una tragedia!
(Alla donna) Signò, ma veramente non ce la posso offrire una sicaretta?...
Insomma, per farla breve: questi mi portarono a casa, mi accattàrono tutti vestiti nuova e mi fecero prio - Eh! Prio, bello prio... Mi davano picciriddi in braccio e questi pure che mi facevano prio tutto il giorno. Io veramente non mi ricordavo niente: la casa, tutti ‘sti persone, mmah. A me mi parevano un poco curiùsi... Però, che ci dovevo dire? Quelli mi facevano un prio, un prio... bello prio!
Poi un giorno a casa viene la polizia, se ne spunta e dice che ora improvvisamente non sono più Ognibene Antonino fu Carmelo eccetera, ma che invece sono Farruggio Biagio, figlio di genitori ignoti. Scritto pure sopra a un pezzo di carta. Enneenne, figlio praticamente come se ero di nessuno... Inzomma, Come fu, come non fu. Nenti. Mia sorella e ‘sti nipoti parlarono un poco, pigliarono la valigia, ci sistemarono i vestiti che mi avevano accattàto, mi diedero centomila a me in tasca, e mi accompagnarono fino a fuori della porta di casa, con mia nipote la piccola che ancora mi faceva ciao ciao con la mano... Ah, e le sicarette: due pachetti me ne hanno dati, qua, nell’altra tasca... E ora? ‘Minico non c’è più, Antonino...e ora chist’altro...
(Alla donna) Signo’, propio non la vuole la sicaretta?
E chi mi rappresenta ‘stu Farruggio Biaggio?... Nenti. L’unica che ho capita è che sono rimasto fuori di qua e fuori di là...
(Sta per uscire. Si ferma. Si rivolge ancora alla donna)
Io me ne vado. Lei che fa?


(Illustrazione di Loredana Salzano)

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Roberto Alajmo | 31/05/2010

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