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CUORE DI MADRE


STILL LIFE

(Oggi su Sette)
Guardate queste ragazzine. Guardatele una per una. Fateci caso: sorridono tutte, nessuna esclusa. Niente lascia intuire che abbiano vissuto da poco in prima persona la triplice mazzata costituita da terremoto più tsunami più disastro nucleare. Festeggiano il superamento di uno scoglio scolastico senza che nulla lasci trapelare quel che rimane fuori dall’inquadratura della loro felicità. Ma noi sappiamo. E sanno anche loro.
Il nostro occhio le osserva lasciandosi sorprendere dalla loro incoscienza. Sono sopravvissute, certo. Ma molte di loro, se non tutte, devono aver subito qualche lutto in famiglia o nella cerchia delle conoscenze. Devono per forza sospettare, se non sapere, che le radiazioni nucleari in questo momento stanno sabotando il loro futuro individuale e collettivo. Ma non è un pensiero che paralizzi queste ragazze, così come non paralizza un intero popolo che, dopo la triplice mazzata, in queste settimane si sta rialzando per rimettersi in cammino.
La lezione di questa immagine è ovvia: la vita continua. Per queste ragazze, per il Giappone e anche per noi che le guardiamo e le troviamo così simili a noi, ai nostri figli. Uguale è l’entusiasmo, uguale la spensieratezza. Uguale pure lo standard di vita. Questo ci ha colpito del disastro giapponese: che le vittime fossero come noi. Con gli occhi a mandorla, certo. Ma uguali per la padronanza delle tecnologie, per la fiducia nel progresso. I giapponesi non sono il solito popolo di sfigati dove il terremoto va a piovere sul bagnato della povertà e dell’arretratezza. Rappresentano la prova che nessuno può ritenersi esonerato dall’Apocalisse in nome della propria ricchezza, cultura o modernità. È successo a loro, ma poteva benissimo succedere a noi. Meno male, anzi. Cerchiamo di non pensarci.

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Roberto Alajmo | 07/04/2011

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