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LE CENERI DI PIRANDELLO


MUOIA AGRODOLCE CON TUTTI I FIGLI SUOI

(Da Repubblica)
Siccome in passato hai lavorato ad Agrodolce, quando da quel pianeta ti arrivano notizie le accogli sempre con un misto di tenerezza e nostalgia, ma anche di rabbia. Tutto mescolato assieme, con un tocco finale di sollievo per lo scampato pericolo. Questo perché ogni notizia proveniente dal pianeta Agrodolce ha una caratteristica costante: essere sempre peggiore della precedente. Come una di quelle circostanze tipicamente italiane in cui, una volta toccato il fondo, c’è sempre qualcuno disposto a mettersi a scavare.
La situazione, al momento, è che da un mese la lavorazione è stata sospesa sine die, e le maestranze lasciate senza certezze di alcun tipo, oltre che senza stipendio dal mese di gennaio.
(...)
Arrivato alle riprese della seconda serie dopo un lungo travaglio, lo sceneggiato televisivo quotidiano ambientato in Sicilia sembra essere finito in una specie di Triangolo delle Bermuda. Il Triangolo in cui Agrodolce è scomparso senza lasciare tracce, portandosi dietro pure la cinquantina di puntate che sarebbero già pronte, possiede tre vertici micidiali, ognuno dei quali basterebbe da solo a scoraggiare l’ottimismo: Regione Siciliana, Rai e Einstein Production. Il complicatissimo accoppiamento fra pachidermi prevedeva grossomodo che la Regione appaltasse alla Rai, che a sua volta ha subappaltato alla Einstein. Nella catena delle competenze però si dev’essere inceppato qualcosa, il flusso dei finanziamenti è rimasto bloccato, e con esso anche le riprese. Dove sia esattamente l’inceppamento nessuno è in grado di dire con certezza, perché nella catena delle responsabilità ciascun contendente ha tutto l’agio di scaricare sugli altri. A ciò si aggiunga che almeno due contendenti su tre sono dotati di doppia o tripla personalità. Alla Rai, per esempio, Giovanni Minoli e il suo scorbutico talento rappresentano una sorta di principato a sé stante, spesso in contrasto col resto dell’azienda. Per non parlare della Regione, dove ogni burocrate o esponente di governo parla una lingua diversa.
Al di fuori del già stremato comprensorio di Termini Imerese – anzi: della cerchia familiare delle circa mille persone che a vario titolo ci lavorano – Agrodolce gode di pessima fama. Fama pregiudiziale, secondo te, che pur di dissipare i sospetti di un conflitto di interessi sei persino disposto a riconoscere che le nuove puntate, quelle in cui non sei coinvolto, sono molto migliori delle precedenti. Ma non sperare di convincere gli scettici a oltranza: sputare nel piatto dove mangiano gli altri è consuetudine siciliana per eccellenza. Con quale coraggio puoi quindi incoraggiare i tuoi ex compagni di lavoro, se non esortandoli al Si Salvi Chi Può?
Il braccio di ferro in corso è di tale portata che risulta impossibile da districare. Né, considerati i soggetti in questione, c’è da sperare in un atto di responsabilità da parte di qualcuno. Si racconta come esempio di saggezza di quando Re Salomone venne chiamato a giudicare fra due donne che rivendicavano la maternità dello stesso neonato. Salomone ordinò allora di dividere il bambino in due tranci, così da assegnare a ciascuna il suo. Quando le guardie avevano già sguainato le spade per procedere allo squartamento, una delle due donne chiese di fermare lo scempio, rinunciando alla propria rivendicazione. Fu proprio a questa che Salomone assegnò il bambino: colei che veramente aveva dimostrato amore materno, anche a scapito del proprio tornaconto. Ecco: nell’intrico di Agrodolce nessuno dei molti genitori sembra disposto a fare un passo indietro per amore della creatura. Tutti sembrano preferire che muoia, piuttosto.

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Roberto Alajmo | 13/04/2011

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