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E' stato il figlio


HIC LAMPEDUSA, HIC SALTA

(Da Repubblica)
Considerati i tempi, conviene cercare di distillare ottimismo anche dalle tragedie. Per dire: un’imbarcazione stracolma di immigrati finisce sugli scogli di Lampedusa. Quando ormai la tragedia sembra imminente, succede che i soccorritori si gettano in mare per cercare di salvare i naufraghi. Questo sì che, secondo i canoni del giornalismo, corrisponde alla definizione di “uomo che morde cane”. Cane che morde uomo sarebbe il contrario: annegano mentre sulla riva la folla assiste senza muovere un muscolo. Quante volte abbiamo letto notizie desolanti del genere, anche in contesti balneari più leggeri, pensando sempre moralisticamente che pietà l’è morta eccetera eccetera? Invece stavolta la folla non è rimasta a guardare. Le persone hanno formato una catena, secondo i canoni del soccorso in mare, e hanno cercato di guadagnarsi uno sconto dai giorni di purgatorio.
È una di quelle buone notizie di cui sempre si sente lamentare la mancanza sui giornali, e che in realtà, alla prova dei fatti, rischiano di risultare stucchevoli, per il semplice motivo che il male è straordinariamente più fotogenico del bene. Le storie brutte sono sempre belle storie, e viceversa. Stavolta invece no, e vale la pena di indugiare il più possibile sul senso d’orgoglio che ha preso un po’ tutti leggendo di questo rocambolesco salvataggio. Orgoglio e sollievo: come succede in maniera soffusa ma sempre più frequente in concomitanza con il centocinquantenario dell’Unità d’Italia, che sembra avere inaugurato la stagione di un patriottismo “di sinistra”, finalmente epurato dalle scorie del fascismo e libero di esprimersi mettendo un tricolore alla finestra pure in mancanza di una vittoria ai campionati mondiali di calcio.
Cercando il più possibile di fare la tara alla retorica, il salvataggio di Lampedusa ispira un paio di considerazioni. La prima è che forse la compassione si trasmette per contagio. È facile fare esercizio sia di razzismo sia di antirazzismo mantenendosi a chilometri di distanza. Dire: sì, io mi sarei gettato; o viceversa: io li avrei presi a colpi di remo sulla testa. Hic Rhodus, hic salta: è la frase che Esopo indirizza a uno spaccone per esortarlo a misurarsi con la realtà qui e ora. Allo stesso modo, ai teorici morali di entrambi i fronti si potrebbe intimare: Hic Lampedusa, hic salta (in mare). E bisogna vedere come ciascuno reagirebbe, messo di fronte a una situazione del genere. Hic/Lì c’erano alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine che lavorano in quell’isola e che avrebbero tutti i presupposti per disprezzare gli immigrati. E magari odiarli, se non altro come spesso si odia il proprio lavoro. Invece, al momento decisivo, si sono gettati in mare per salvare dei perfetti sconosciuti. Ecco il contagio: a forza di stare a contatto coi disperati hanno finito per contrarre il virus della compassione.
Seconda considerazione, di carattere più generale: a quanto pare esiste un insperato fondo di risorse civili, in Italia. E si trova nel luogo più impensato, proprio in Sicilia, proprio in un punto di massima crisi come Lampedusa, dove sarebbe ovvio che l’esasperazione prevalesse su ogni altro sentimento. Lì dove il cinismo del “chi te lo fa fare?” sembrerebbe avere avvelenato ogni pozzo di convivenza civile, alimentando i focolai di egoismo che in un contesto del genere sembrano così facili da attizzare.
Ecco da cosa deriva l’orgoglio patriottico ispirato da quel soccorso in mare così gratuito e improvviso. Orgoglio e sollievo, proprio: quando pietà sembrava essere definitivamente morta, ecco spuntare un seme di umanità che si era salvato chissà come. Non sempre, non tutti, e forse solo nelle situazioni estreme: ma verrebbe da pensare che non siamo in fondo così male, noi italiani.
Non che valga la pena di esaltarsi: ancora si tratta di piantarlo, e coltivarlo, e proteggerlo dalle intemperie. Ma adesso sappiamo che almeno un seme di civiltà è riuscito a sopravvivere alle gelate degli ultimi anni.

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Roberto Alajmo | 11/05/2011

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