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LE CENERI DI PIRANDELLO


DIO DA' PANE A CHI NON HA DENTI

(Da Repubblica)
Certe volte verrebbe voglia di obbligare il mondo ad abbassarsi al livello della nostra stupidità. Una forma di igiene della semplificazione, per cui le cose complicate siano costrette a scendere a patti con il quoziente intellettivo medio della popolazione.
Per dire: il Tav. Treno Alta Velocità. In Val di Susa non lo vogliono. La gente del posto lo dice da anni, e continua a ripeterlo in continuazione, malgrado tutte le repressioni che si sono susseguite nel tempo. Non importa qui stabilire se i valsusini hanno ragione o torto: se non lo vogliono, non lo vogliono. Pazienza. Fatti loro. Inutile insistere.
Piuttosto, cerchiamo di non sprecare i finanziamenti. Magari quelli hanno già comprato pure i binari, e i convogli sono lì che giacciono in qualche sperduto magazzino piemontese, con la prospettiva di restare inutilizzati fino a chissà quando. Piange il cuore pensando a quei vagoni di superlusso, con l’aria condizionata calda e fredda che funziona nella stagione giusta, la connessione wireless. Magari avranno persino biglietterie funzionanti ad ogni stazione. E le porte dei vagoni che si aprono. E le toilette pulite. Sarebbe un peccato sprecare tutto questo bendiddio. Facciamo così: la linea Tav realizziamola pure. Spostiamola solamente. Se proprio nessuno la vuole, facciamola in Sicilia.
Adesso gli esperti spiegheranno che non si può, che i soldi sono vincolati al progetto e il progetto al territorio. Ma a lume di buonsenso realizzarla in Sicilia sarebbe la soluzione ideale. Si potrebbe realizzare fra Palermo e Messina, che oggi è l’unica tratta isolana compatibile con esigenze di mobilità tardo novecentesche. C’è un binario solo, ma se non ci sono problemi sulla linea più o meno in tre ore si arriva da un capo all’altro del litorale tirrenico. Meglio di niente.
Forse però il treno ad alta velocità sarebbe ancora più utile se piazzato fra Palermo e Catania, dove il trasporto su rotaia ha una percorrenza media di cinque ore. Da Palermo per arrivare a Ragusa, invece, di ore ce ne vogliono sette, cambiando tre volte: Alia, Caltanissetta e Gela. Una soluzione minimalista potrebbe consistere nel piazzare il Treno ad Alta Velocità fra Palermo e Punta Raisi, dove il collegamento funziona un po’ a culo: quando c’è, bene. Altrimenti, le Ferrovie dello Stato consigliano rassegnazione e pullman.
Più volte i dirigenti delle FFSS hanno spiegato che i treni in Sicilia non ci sono o non sono affidabili perché la gente non li adopera, quindi è inutile metterli. Ma si potrebbe facilmente sostenere che, viceversa, la gente non li adopera perché non ci sono o sono inaffidabili. La questione è dialetticamente irrisolvibile, almeno quanto la primogenitura fra l’uovo e la gallina.
Pino Caruso una volta propose un esercizio: andare alla stazione di Roma e passare in rassegna i treni in partenza dai diversi binari. Un osservatore sarebbe in grado di stabilire con un semplice colpo d’occhio, dalla pura apparenza, quali sono quelli diretti al Nord e quali sono quelli diretti al Sud.
Di fronte a una situazione del genere, persino la granitica rigidezza burocratica della Comunità Europea dovrebbe sgretolarsi. A quelli di Strasburgo cosa importa? Siamo o non siamo pure noi Italia Unita? Siamo o non siamo, noi siciliani, in una zona economicamente svantaggiata? E dunque? Quale migliore occasione per colmare il divario?
Non è garantito che anche in Sicilia non sorgano movimenti anti-Tav, considerato il livello di rissosità a matula degli abitanti dell’Isola. Ma avrebbero di sicuro meno seguito popolare. E i dissidenti potrebbero facilmente essere messi a tacere con qualche mancia clientelare. Una bella infornata di capistazione precari, e ogni problema sarebbe risolto. Ciò che agli altri fa schifo, noi saremmo disponibili a divorare leccandoci i baffi.
In fondo funziona come per gli Organismi Geneticamente Modificati. Nei paesi progrediti non ci si fida, temendo danni alla salute. Ma possono servire a salvare dalla fame la popolazione di interi paesi sottosviluppati. Da come siamo messi, ormai, c’è poco da fare gli schizzinosi.

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Roberto Alajmo | 28/10/2011

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