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LA STANZA PROIBITA

(Da Casamica)
Io non possiedo vera memoria infantile del salotto di casa mia. Vivevo in una casa popolare dei primi del ‘900, e il salotto propriamente detto era inibito a noi bambini. In pratica non ho avuto il permesso di entrarci fino ai 15 anni.
Era di quei salotti con il cellophane sull’imbottitura delle sedie, riservato solo a quelle occasioni straordinarie di ricevimento che tuttavia, per una certa forma di grevianza della mia famiglia, non si verificavano mai.
Noi bambini sapevamo che il salotto esisteva, era avvolto da un’aura quasi mitologica, ma era proibito metterci piede. Naturalmente proprio per questo motivo il salotto suscitava in me un’enorme attrazione.
Al massimo potevo spiarlo di nascosto dalla porta socchiusa, ma entrarci era impensabile. Per vivere e giocare c’era il soggiorno, dove si trovava il televisore, la tavola da pranzo e anche una poltrona Frau e un divano. Il paradosso è che oggi possiedo molti ricordi ambientati nel soggiorno: molti e insignificanti. Al contrario, quelli legati al salotto proibito sono meravigliosi e trasgressivi. Meravigliosi proprio perché trasgressivi.
Si può dire che la prima vera occasione per entrare nella stanza segreta fu la morte del nonno. Il salotto venne aperto e proprio in mezzo alla stanza venne esposta la bara. I bambini vennero portati a salutare il nonno, e proprio in quella circostanza saremmo volentieri rimasti fuori.
Nei miei primi anni il salotto di casa era arredato con un magnifico set di sedie thonet. Poi, a metà degli anni ‘60, mio padre ebbe un attacco di modernismo e decise di disfarsene. Erano gli anni in cui si stentava a distinguere le cose antiche da quelle vecchie. Per cui gettò via le thonet e comprò dei mobili svedesi in stile razionalista che invecchiarono, credo, quasi istantaneamente.
Oggi vivo in una sorta di open space, a Mondello, e avrei difficoltà a indicare il salotto, perché è frullato assieme al resto: cucina, soggiorno, studio. Ho solo pochi soprammobili a cui sono affettivamente legato e, per il resto, solo arredi funzionali. Lampade che illuminano, tavolini che reggono. Ho anche comprato sei sedie simil-thonet.
Per contrasto con il proibizionismo che a suo tempo avevo subito, a casa mia infrango tutte le regole del salotto di quando ero piccolo: lavoro sul divano, mangio sullo scrittoio e scrivo nell’angolo cottura, perché è il punto in cui la connessione wireless è più potente.

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Roberto Alajmo | 13/05/2012

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