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EFFETTO EMULAZIONE

Sarebbe interessante risalire la corrente e stabilire chi ha cominciato. Qualcuno deve per forza, perché a un certo punto i giornali, tutti i giornali, hanno preso a parlare dei suicidi. Fino al giorno prima in ogni rispettabile redazione l’argomento era considerato tabù.
Di fronte al circolo vizioso ormai innescato, risulta inutile citare le statistiche secondo le quali i suicidi, anche quelli con un movente finanziario, non sono affatto in aumento. Quando scatta il principio d’emulazione, ogni ragionamento è inutile. E in queste settimane ci troviamo di fronte a un doppio binario di emulazione. Suicidi che emulano suicidi e giornali che emulano giornali. È come se a un certo punto fosse saltato un tappo, e da quel momento: liberi tutti.
Non bisogna sottovalutare ogni singolo suicidio: dietro una persona che decide di togliersi la vita si nasconde un dramma che merita rispetto, comprensione e misericordia. Bisogna sapersi mantenere umani, districando la pietà, le esigenze di cronaca e le strumentalizzazioni di chi ha interesse a soffiare sul fuoco.
Una volta caduto il tabù giornalistico del suicidio, nessuna testata ha avuto la forza o il coraggio di interrompere l’abbrivio. Anche perché non dare unilateralmente la notizia di una persona che si toglie la vita si configurerebbe come un buco a tutti gli effetti. E nessun giornale vuole bucare le notizie che si trovano sulla concorrenza.
Eppure, anche alla luce della sopra citata incidenza statistica, sarebbe il caso di porsi il problema. Censura è una parola antipatica ma anche abusata. Potrebbe esistere piuttosto una forma di onesta dissimulazione. Già cominciare a diminuire l’ingombro tipografico delle notizie di questo tipo potrebbe limitare i danni umani provocati dalla psicosi in atto.

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Roberto Alajmo | 18/05/2012

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