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RAFFAELE E I SETTE NANI

(da Repubblica)
Forse è arrivato il momento di rivalutare la figura di Raffaele Lombardo. Almeno da un punto di vista letterario sarebbe uno straordinario personaggio romanzesco, persino troppo sovraccarico dal punto di vista caratteriale. Per l’eventuale autore, il problema sarebbe riuscire a renderlo credibile, considerato che il Presidente della Regione è eccessivamente vero per risultare verosimile.
Per dire: è vero ma non appare verosimile che durante le riunioni lui si nutra di piccoli pezzi di carta. Se uno scrittore costruisse un romanzo imperniandolo su un protagonista così caratterizzato, cadrebbe in quel genere grottesco cui il lettore stenta a credere. Raffaele Lombardo è incredibile, letteralmente e letterariamente, nel suo riuscire a spiazzare la realtà con continue sterzate che solo in prima istanza possono essere considerate politiche: e sono invece esistenziali, psicologiche, drammaturgiche. In una parola: letterarie.
Un problema ulteriore, volendo per forza costringere la complessità lombardiana nei limiti di un banale romanzo, è la sua mercuriale mobilità. Un romanzo è un ritratto realizzato all’antica, quando ancora non esisteva l’istantanea fotografica. Per dipingere un ritratto, almeno fino agli inizi del Novecento, bisognava chiedere al soggetto di mettersi in posa e rimanerci per un lasso di tempo abbastanza lungo. Quel che serviva al pittore per fissare su tela i tratti somatici e possibilmente l’animo del soggetto.
Un romanzo funziona allo stesso modo. Con l’aggravante dell’aspirazione a una specie di eternità che è dovere di ogni libro, a prescindere dal fatto che possa sopravvivere o meno al trascorrere del tempo. Scrivere un romanzo su Lombardo oggi è fatica inutile, significherebbe vederlo superato nel giro di qualche settimana. Il tempo di arrivare in libreria, e il romanzo sarebbe già vecchio, col suo protagonista arrivato chissà dove, muovendosi alla velocità con cui si muove.
Manco ha finito di dire che si dimetterà, e subito aggiunge: ma da Roma i partiti mi chiedono di restare. Ancora qualche giorno e magari troverà qualche altro cavillo, come Bertoldo che andava alla ricerca dell’albero a cui farsi impiccare senza riuscire mai a trovarlo. La consistenza di ossimoro umano assunta da Lombardo negli ultimi anni ha persuaso anche il Partito Democratico, che in sede elettorale lo aveva fieramente avversato, a prenderne le distanze solo ora, dopo avere fiancheggiato a lungo il suo governo. In effetti, di fronte alla grandezza mutante di Lombardo, appoggiarlo o osteggiarlo risulta quasi indifferente. E il Pd siciliano aveva deciso, per non sbagliare, di fare entrambe le cose. Anche tutti gli altri, tutti noi: il tempo di indignarsi per una delle sue nomine, e già lui ne ha fatte altre venti, una più mirabolante dell’altra. Bisogna riconoscerlo: Raffaele Lombardo è un virus capace di mutare troppo rapidamente per essere isolato in un laboratorio letterario. Meraviglia che persino le sue fotografie pubblicate dai giornali non risultino mosse.
Nessuno si offenda, ma rispetto agli altri personaggi del panorama attuale, Lombardo pare un titano. Contraddittorio, perverso quanto si vuole: ma grandioso. Solo Leoluca Orlando, con caratteristiche diametralmente opposte, può essergli paragonato per la capacità di tenere in ostaggio l’intero sistema politico sulla base delle proprie esigenze e mutevolezze. Alleati e oppositori scompaiono, al confronto.
Pure la recente vicenda della sfiducia all’Assemblea Regionale dimostra come il leader dell’MPA sappia volgere a suo favore ogni debolezza degli interlocutori. Volete sfiduciarmi? Fate pure. Ma attenti: state segando il ramo su cui voi stessi siete seduti. È bastato versare questa considerazione nel cappuccino dei deputati per vedere il fronte della sfiducia squagliarsi miseramente.
Forse il Romanzo di Lombardo potrà essere scritto solo quando lui deciderà di ritirarsi a coltivare il suo agrumeto, se mai lo farà. Fino a quel momento possiamo prendere appunti o azzardare qualche schizzo, ma sempre sapendo che si tratta di materiale provvisorio, che mai riuscirà a trovare un’autentica stabilizzazione letteraria.
Forse l’unica è togliersi il cappello e applaudire le sue circonvoluzioni di gigante in mezzo ai nani della politica regionale. Solo questo di lui si può scrivere, oggi come oggi, anche a scanso di querele: complimenti vivissimi.

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Roberto Alajmo | 15/07/2012

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