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CLIENTELA VS COMPETENZA

(Da Repubblica)
Allo stato attuale è molto poco quel che si sa della campagna elettorale prossima ventura. Una campagna fantomatica: quando mancano tre mesi non si conosce né il campo definitivo dei candidati alla presidenza della regione, né gli schieramenti, chi correrà a fianco di chi. In compenso fin da ora è possibile indovinare quale sarà il tema forte, o uno dei temi forti delle prossime elezioni: i posti di lavoro nell’amministrazione regionale. Qui sì, è possibile distinguere almeno un grande schieramento dalla mentalità vincente: quello della cooptazione clientelare, che ha il suo campione riconosciuto nel governatore uscente, Raffaele Lombardo. Il quale ha fatto sapere da tempo che non si ricandiderà, ma difficilmente vorrà rinunciare a esercitare il potere che con tanta determinazione si è conquistato. Probabilmente davvero si ritirerà a coltivare il suo agrumeto, ma con la riserva mentale di un Cincinnato, cioè aspettandosi di essere richiamato in servizio già sul medio periodo, magari una volta scampata la tempesta giudiziaria che lo ha investito. Un suo futuro ritorno non è ipotesi del tutto campata in aria. I disastri dell’ultimo decennio, di cui Lombardo possiede una notevole quota parte di responsabilità, saranno difficilmente risolvibili. La memoria corta dei siciliani farà il resto: vedendo che non se ne esce, l’elettorato penserà che si stava meglio quando si stava peggio. Nella convinzione che nessuno saprà risolvere la mole dei problemi pregressi, Lombardo potrebbe limitarsi a un solo turno di riposo. A quel punto, dal suo punto di vista, che in autunno vinca un amico è bene, ma se vince un nemico è addirittura meglio. Lui ha mangiato il frutto, quel che rimane è la buccia: che la smaltisca qualcun altro. Con il clima ambiguo degli ultimi anni, non sorprenderebbe se alla stretta finale appoggiasse un candidato di Centrosinistra.
Una buccia difficile da smaltire è, per esempio, quella dei dipendenti della Regione. Dall’ultimo degli uscieri al primo dei consulenti si tratta di una mostruosa mole di stipendi che divora ogni risorsa. Oltretutto si tratta di persone che, quando andranno in pensione, prenderanno una cifra pari al salario. Questo significa che un ciclo di prepensionamenti non può servire ad abbattere la spesa pubblica. Che Lombardo sia in campagna elettorale, sia pure per conto terzi, s’è capito nella scena in cui ha teatralmente ventilato lo spauracchio di tutti i dipendenti pubblici: che “qualcuno” vorrebbe licenziare in massa e che lui, invece, difende a spada tratta.
La scommessa di un’opposizione seria consisterebbe nel contrapporre al partito della clientela quello della competenza. Nell’abbracciare una posizione se non opposta, almeno diversa e raziocinante, forse simile a quella recentemente esposta da Leoluca Orlando: la rivoluzione non sarebbe licenziare l’esercito dei pubblici dipendenti, ma riuscire a farli lavorare, offrendo così almeno servizi adeguati alle risorse che divorano. Il sindaco di Palermo dice di volerci provare, e merita i più sinceri auguri. Ma certo non sembra, in apparenza, una posizione redditizia in campagna elettorale; non nel contesto attuale, perlomeno. Si tratta di convincere gli elettori che una regione siciliana ridotta a stipendificio sottrae risorse a tutto il resto: compresa la sopravvivenza stessa della Regione. Difficile opera di convincimento, considerato che la minoranza rumorosa dei cooptati clientelari è in grado di sprigionare in campagna elettorale un proselitismo che la maggioranza silenziosa degli indifferenti non riesce nemmeno a concepire.
Oltretutto è lecito dubitare che il Pd, il partito che in teoria dovrebbe rappresentare la principale alternativa, abbia le carte in regola per sventolare la bandiera della meritocrazia e di uno sviluppo non clientelare, dopo aver a lungo sostenuto proprio il governo uscente. Dovendo scegliere fra l’imperatore delle clientele e qualcuno dei suoi vassalli minori, non è difficile capire chi sarà portato a votare un elettore idealmente poco motivato. Non esistono alternative, però. Questo sarà il campo di battaglia, e da una delle due parti bisognerà schierarsi: clientela o competenza.
Un’alternativa autentica dovrà passare da un’autentica alternativa. Fare scelte impopolari sul breve periodo può risultare perdente. Ma uscire dall’ambiguità è ormai una condizione indispensabile alla sopravvivenza stessa della Regione. Bisogna trovare il coraggio di dire che l’autonomia speciale, almeno così come è stata interpretata in Sicilia, è l’equivalente provinciale del patriottismo deleterio. Quello che, secondo la celebre definizione di Samuel Johnson, rappresenta l’ultimo rifugio delle canaglie.

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Roberto Alajmo | 26/07/2012

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