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LAVORATORI DI TUTTO IL MONDO, RIDETE

Bisogna confidare su tutto il senso dell'umorismo di Moni Ovadia per sostenere che il suo libro Lavoratori di tutto il mondo, ridete sia ottimo da leggere in gabinetto. Lo è, ed è un complimento, perché richiede una lettura riflessiva e intermittente. Intermittente proprio per consentire la riflessione fra una storiella e l'altra. Ne assaggi un po' e lasci sedimentare la lettura, così oltretutto il libro dura di più. Un genere di lettura che si realizza perfettamente coi tempi richiesti dalla sala da bagno, appunto. Lo si tiene lì e lo si legge un pezzetto alla volta, senza correre il rischio di fare indigestione, come succede per le ciliegie quando sono buone sul serio. Storia, storie e storielle danno forma a questo libro: la grande storia dell'Unione Sovietica, le piccole, spesso meschine storie dei suoi protagonisti politici e infine le storielle nate dalla pratica quotidiana, come anticorpo indispensabile, e spesso insufficiente, per il sopravvivere dell'intelligenza. Nell'apparato storico, Moni Ovadia prende le distanze da quello che chiama revisionismo televisivo, che consiste nel prendere a calci il cadavere putrefatto del comunismo per ottenere un losco tornaconto politico. La tesi è che della partita fra comunismo e capitalismo si sia giocato finora solo il primo tempo, e il secondo sia stato rinviato forse solo momentaneamente. E comunque, al di là dell'orrenda pratica sovietica che ne è derivata, le istanze che stavano dietro la rivoluzione d'ottobre fossero tutt'altro che infondate, e anzi rimangano sempre attuali. La storiella ideale, che nel libro trova almeno un paio di varianti, è la seguente: La differenza fra comunismo e capitalismo? Il comunismo è la sopraffazione dell'uomo sull'uomo. E il capitalismo, invece, l'esatto contrario. Giudizio: 3 soli

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Roberto Alajmo | 20/10/2007

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