A LONDRA, A LONDRA
(Da La Lettura del Corriere della Sera)
Fra le tante cose belle di questa mostra siciliana a Londra ci sono gli orari. Orari comodi. Soprattutto: orari certi. Punti fermi attorno ai quali programmare la visita. Sia detto con sincera ammirazione da chi anni fa, non fidandosi delle informazioni on line e volendo verificare personalmente, telefonò a un museo di Palermo chiedendo conferma:
- Oggi pomeriggio siete aperti?
La risposta del centralinista fu un capolavoro di relativismo siciliano:
- Dipende.
Dipendeva, risultò a un approfondimento d'indagine, dal numero di custodi disponibili quel tale giorno al lavoro straordinario.
Per dire di quanto l'oro di Sicilia luccica molto, ma non abbastanza da coprire le ombre di quest'isola benedetta da Dio e maledetta dagli uomini che la abitano. Però certo: a noi siciliani fa piacere che della nostra civiltà si esporti lo splendore tralasciando il resto. Per questa mostra abbiamo dato del nostro meglio, almeno fra le opere in condizione di essere trasportate, con lo stesso intento con cui tutti ci vestiamo per andare alle feste, cercando di fare bella figura.
Nei siciliani esiste una forza centripeta che contrasta eppure convive con un'energia centrifuga simmetrica e opposta. Se ne riscontrano tracce anche nell'orgoglio per la mostra del British Museum, che idealmente racconta la smania di un altrove, di un ovunque-tranne-qui, che ci fa sospirare collettivamente come le Tre Sorelle di Cechov: a Londra, a Londra.
(...)
Contraddittoria è l'albagia siciliana che si barrica dietro lo splendore per mascherare le miserie contemporanee. Miserie che in certi casi vengono ostentate ed esasperate con sarcasmo, nella convinzione che le parentesi del sarcasmo alla fine fungano da redenzione. E sono, invece, una forma di assuefazione particolarmente subdola: i siciliani ridono della propria arretratezza, e ridendo finiscono per metabolizzarla.
(...)
Nel bene e nel male abbiamo sviluppato un carattere al quale è difficile sottrarci, frutto di una spessa stratificazione identitaria. Alla mostra è esposta una delle opere che meglio rappresentano non la bellezza in sé, ma il riflesso culturale di tanta bellezza stratificata: la lapide sepolcrale di Anna, madre di Grisanto, chierico di Ruggero Secondo. Scolpita in quattro lingue - arabo, ebraico, latino e greco -, è simbolo di conciliazione delle diversità. Ossia, ancora, della complessità siciliana.

Roberto Alajmo | 06/05/2016
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