LOVE
Quando a un bambino racconti una favola in un certo modo, dalla prima volta in poi la vorrà sempre raccontata in quel modo lì. Alla minima variante, protesterà. A quanto pare i gusti musicali dell'umanità funzionano alla stessa maniera dell'immaginario di un bambino. Vogliamo sentire sempre le stesse cose suonate alla stessa maniera di sempre. Così è successo pure per l'album postumo dei Beatles, "LOVE", che si configura in tutto e per tutto come un miracoloso ricongiungimento dei favolosi quattro. Miracoloso, perché nel frattempo i favolosi quattro si sono ridotti a due. È un successo ecumenico della critica e del pubblico, che in questi 78 minuti di musica hanno ritrovato la magia remixata dei master originali conservati negli studi di Abbey Road. E attenzione: non sono nuove canzoni. Sono i vecchi pezzi, i più famosi, cantati e suonati più o meno allo stesso modo. È bastato ripulire il suono, incrociare i brani più famosi, sovrapporli, ed ecco fatta la colonna sonora del musical omonimo. Un vero uovo di colombo che si presterebbe alla serializzazione: LOVE 2 è potenzialmente in agguato. Un altro album con le vecchie canzoni dei Beatles nuovamente cantate proprio allo stesso modo. Al limite potrebbe essere anche lo stesso cd, avendo l'accortezza di cambiare la copertina. E ripensandoci, pure quella: perché mai? Le nuove generazioni, persino i nostri figli, continuano ad ascoltare i Beatles con l'attaccamento che si tributa ai classici. E sono passati quarant'anni: negli anni sessanta i giovani ascoltavano ancora le canzoni di quarant'anni prima? Perché loro no e noialtri sì? Magari nel frattempo si è verificata una cristallizzazione dei gusti: forse la musica del mondo si è fermata e noi non ce ne siamo accorti.