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COPERTINA MATTO AFFOGATO


INTANTO, NELLA TESTA DEL POLIZIOTTO

Concentriamoci sull’altro uomo inquadrato, il poliziotto.
Mentre la vittima lo supplica lui non esita nemmeno per un attimo. Mantiene la posa plastica – ginocchio saldo, mano sul fianco. È un culturista che sfoggia la muscolatura a favore delle telecamere. Sa di essere ripreso. Sa che se uccide l’uomo che tiene sotto il ginocchio le riprese saranno una prova schiacciante contro di lui. Ma non molla, anzi l’attenzione generale lo conferma nella sua determinazione.
Bisogna sforzarsi di capire quello che gli passa per la testa, mentre sta uccidendo una persona. Si sente legittimato a infierire nel nome di una supremazia che gli hanno inculcato, di cui finora è stato solo un esecutore intermedio. Oggi finalmente il vero potere si è concretizzato sotto il suo ginocchio. È la sua grande occasione.
Tutto ciò che nell’arco dell’esistenza ha contribuito a fare di lui la persona che è – discorsi paterni a tavola, film, giornali, siti d’informazione, tweet presidenziali – concordano nel depotenziare la realtà circostante e attribuire piuttosto a lui, in quel momento, il diritto di vita o di morte su un essere umano. Né possiede gli strumenti culturali per evolversi dalla condizione del bambino cattivo che spezza il collo del gatto per sentire il rumore che fa.
Crede di essere dio, quel bambino cattivo.

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Roberto Alajmo | 29/05/2020

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