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USTICA

Nel mare proprio di fronte Palermo c’è Ustica. L’isola di Ustica non si vede quasi mai. Non proprio mai: ma quasi. Non ci vado da molti anni, non la vedo, ma so che c’è. So talmente bene che c’è che ormai non mi sforzo neppure di scrutare per vedere se c’è. So talmente bene che c’è che ormai non mi viene neppure voglia di andarci. Ho troppe cose da fare. Per certi periodi me la dimentico, addirittura. La deriva dei continenti l’ha portata lontano dalla terraferma (che poi non è terra ferma per niente) e la tiene lì, a distanza. A fare la differenza fra il vedere e il non vedere è la qualità dell’aria. Certi giorni nemmeno ci penso, guardo l’orizzonte e improvvisamente mi accorgo che si vede Ustica. Sono giorni rari, giorni speciali, giorni preziosi. Nell’immediato, il fatto mi mette di buonumore, penso che sarebbe tempo di progettare una gita anche solo di un giorno per andare a scoprire come è cambiata nel frattempo. Ma è solo l’istinto primario. Dopo un po’ che la guardo subentra una malinconia che non so se sono in grado di spiegare. E’ come se la distanza che mi separa da Ustica dovessi coprirla a nuoto. E anche se quel giorno magari la vedo (mi pare addirittura di distinguere l’osservatorio che si trova in cima alla montagna dell’isola), Ustica è troppo lontana per andarci a nuoto. Allora mi piglia un senso di frustrazione: come se io Ustica non dovessi vederla mai più. Come se ci trovassimo su due placche terrestri diverse, il cui movimento è divergente. Lo so che non è così. Che Ustica c’è sempre e basterebbe un traghetto o un aliscafo per riuscire a raggiungerla. Ma allo stesso tempo è difficile scacciare la malinconia che dopo un po’ mi prende nei giorni di aria limpida, quando Ustica risulta visibile. Mi viene da pensare che è meglio quando non si vede: almeno non ci penso, e se non ci penso non soffro. Perdere la memoria è un dono, in certi casi. (L'illustrazione è di Loredana Salzano)

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Roberto Alajmo | 11/07/2008

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