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L'ATTRAVERSAMENTO

Dal diario di bordo di Adriatica. 4 settembre. Stretto di Messina. Al crepuscolo. L’attraversamento dello stretto è un’esperienza quasi mistica. Ci si prepara in silenzio. Alcuni a bordo si vanno persino a cambiare, come per una occasione particolare. In silenzio si aspetta di passare capo Peloro per immergersi nel flusso della storia. Passando fra Scilla e Cariddi si ripete l’esperienza di milioni e milioni di imbarcazioni prima di noi, ed è come un rito. Si scorge subito una linea di mare che appare diverso. Quasi un confine da passare. Il mare, che si è mantenuto calmo per tutta la giornata e ancora è calmo cinquanta metri più in là, qui si spezza. Le onde si alzano e si frangono come se ci fossero degli scogli affioranti, si formano piccoli gorghi che subito spariscono: garofoli, li chiamano da queste parti. Ma è una agitazione enigmatica, perché non è facile riconoscere il senso della corrente. Sono piuttosto due correnti che vengono a scontrarsi proprio qui. È come se il mare, nella confusione dello scontro, avesse smarrito il suo senso di marcia. A bordo, per tutto il tempo del passaggio, nessuno apre bocca. Alla fine, quasi con sorpresa, si può dire che non sia successo niente. Non siamo stati inghiottiti dai vortici, né sbattuti sulla costa. Non ci siamo nemmeno andati vicino, eppure l’esperienza rimane dentro. Abbiamo molto semplicemente attraversato il mito. (Si ringrazia la rivista Giudizio Universale)

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Roberto Alajmo | 24/09/2008

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