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SABIR

Dal diario di bordo di Adriatica. Malta. 9 settembre. Parlandone, anche in maniera informale, emerge meglio la peculiarità linguistica di questa gente. Ai maltesi non piace sentir dire che la loro parlata somiglia all’arabo. Dicono che è una lingua semitica, il che suona di gran lunga più raffinato. Gli esperti sostengono che comunque somiglia parecchio all’arabo che si parla in Libano, e questo spiega l’essenza prismatica della cultura maltese. Come i Fenici, antichi abitatori del Libano, i Maltesi intercettano le diverse culture con cui vengono a contatto e le fanno proprie fino al punto di non sentire il bisogno di sviluppare un’arte propria. Non sono anglosassoni, né arabi, né latini: ma tutte e tre cose assieme. Possono eventualmente rinnegare una componente della loro personalità, ma la sostanza cambia poco. Anche il simbolo dell’isola è significativo, in questo senso. La croce a otto punte rappresenta le otto lingue parlate a Malta. Una mescolanza che è rimasta come tratto caratteriale assoluto. Probabilmente è il maltese la lingua da studiare volendo immaginare qualcosa di più a proposito del misterioso Sabir. Sabir è la lingua franca che veniva parlata nei porti del Mediterraneo. Una lingua comune, utilitaria, sedimentata poco alla volta. Parlavano sabir i mercanti con gli armatori, i marinai con gli ormeggiatori, i pescatori fra di loro. Era una lingua composita, una sorta di esperanto empiricamente realizzato prendendo in prestito termini provenienti da tutti i vocabolari del Mediterraneo: francese, italiano, spagnolo, greco, arabo ed ebraico. L’importante era riuscire a capirsi. Questa lingua franca è stata utilizzata in tutti i porti del Mare Nostrum fino al settecento, fin quando è stata soppiantata prima brevemente dal francese e poi stabilmente dall’inglese. Il problema è che adesso nessuno sa esattamente com’era questa lingua perché non esistono testimonianze scritte. Non c’era motivo di scrivere il sabir. Lo cita di sfuggita Moliere in una sua opera, e poi basta, completamente cancellato. Il sabir era una lingua parlata, che si è parlata fin quando è servito. Dopodiché è scomparsa senza lasciare traccia. E dio solo sa quanto oggi una lingua comune sarebbe utile per capirsi, da una sponda all’altra del Mediterraneo. Le lingue morte, purtroppo, non possono risuscitare. In pratica il sabir è l’equivalente linguistico di Atlantide. Forse in questo senso il maltese, parlato com’è da meno di mezzo milione di persone, rappresenta un reperto archeologico. Una civiltà scomparsa che affiora sotto il pelo dell’acqua.

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Roberto Alajmo | 13/10/2008

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