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DAL RIFORMISTA DI OGGI

Che meraviglioso sguazzo per il moralismo nazionale la soap opera “Balotelli & family”. Che irresistibile tentazione, quella di esprimere giudizi sulla vicenda personale di un Cenerentolo diventato principe del pallone. E della sua famiglia d’origine: due genitori colti da improvviso ripensamento, che accettano di farsi fotografare con il ritratto del ragazzo e la maglia nerazzurra in evidenza. C’è da sbizzarrirsi al pensiero di mettersi gratuitamente nei panni di un ragazzo baciato dal dio del calcio, che si trova a affrontare un mondo molto più complicato di lui. Eppure la vicenda è privata, privatissima. Dare giudizi, distribuire torti e ragioni è facile, ingiusto e anche un po’ meschino, comunque la si pensi. Per dire: se anche avesse deciso di riabbracciare i genitori biologici e spartire con loro la metà del suo ingaggio, sarebbe stata una scelta umana e degna di rispetto. Visto il contesto calcistico, invece, c’è addirittura il timore che a distribuire patenti etiche (“Ha fatto bene” versus “Ingrato”) siano gli opposti schieramenti di interisti contro resto del tifo. In questo modo una scelta di vita diventa questione da ultras. Se non fosse che il ragazzo è diciottenne da pochi mesi, su questa vicenda ci sarebbe da invocare il silenzio stampa che si deve alle notizie che riguardano i minori. L’unica opinione generale che è lecito avere è questa: ognuno i suoi parenti dovrebbe essere libero di sceglierseli. Questo pensiero che ognuno di noi, almeno una volta, ha formulato dopo una visita ai genitori o ai nonni, nel caso di Balotelli è diventato una dolorosa realtà. E lui ha scelto. Più che i legami del sangue, per lui contano quelli del cuore. Ha scelto chi ha scelto di amare lui, lui personalmente: e prima che diventasse il fenomeno che è diventato. Una scelta che potrà sembrare discutibile, e lo è senz’altro. Ma che va rispettata, anche se viene da un bambino molto cresciuto. E soprattutto, per favore: niente pettegolezzi.

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Roberto Alajmo | 08/11/2008

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