ELOGIO DEL COMA
Nei giorni della lettera minatoria del ministro Sacconi ai medici del caso Englaro, è provvidenzialmente arrivata sui giornali una notizia perfetta per fare complemento: a Torino, grazie a un nuovo tipo di intervento, sono riusciti a risuscitare dal coma una ragazza. Argomento analogo, taglio basso, messaggio implicito: visto? Mai perdere la speranza. Nel corpo della notizia poi si legge che questa ragazza adesso risponde agli ordini e riesce a stare in piedi se viene sorretta. Il resto del tempo lo passa immobile a letto, senza potersi esprimere. Peccato, ma forse fra un po di tempo muovendo gli occhi potrebbe rispondere a una semplice domanda: sei contenta? Perché magari fra questa specie di vita e la completa incoscienza lei preferiva la seconda opzione. Morire, o in subordine rimanere incosciente. Tutto piuttosto che rimanere per il resto della vita in uno stato vegetativo con laggravante della consapevolezza. Diamo pure per probabile che la scoperta dei medici delle Molinette sia un passo in direzione del progresso, e che magari di questo passo gli scienziati prima o poi scopriranno la strada per tornare dal coma fino a una ripresa integrale. Nelle more, io mi pongo il problema di quel che ne pensa la ragazza in questione. Se per caso stava meglio quando stava peggio. I progressi in medicina sono stati enormi, negli ultimi anni. Si sopravvive sempre più a lungo, la soglia dei cento anni è alla portata di tutti. Il problema è uno solo: in che condizioni? Se lo si intercetta per tempo, oggi di un ictus non si muore. I dottori possono tenerti in vita anche per una decina danni. Facendo corna, io qui mi sento di dichiarare a futura memoria che se questi dieci anni io devo trascorrerli sbavando e rispondendo agli ordini, preferisco di gran lunga crepare. E penso di averne diritto.