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REPERTORIO DEI PAZZI DELLA CITTA' DI PALERMO


LASCIAMOCI COSI'

(Oggi sul Riformista) L’ordine dei giornalisti dovrebbe proibire questo genere di telefonate. Ti chiama il redattore e senza nessun preambolo fa: “Vuoi scrivere un pezzo sull’addio di Ibra?”. E tu te ne eri stato al mare per tutta la mattina, tranquillo, senza pensieri, confidando sul fatto che la tua squadra del cuore si trovava in ritiro dall’altra parte dell’oceano, idealmente lontana dalle insidie del mercato estivo. Tu non ne sapevi niente. Tu, ignaro di ogni male del mondo, senti al telefono la notizia e ti fai venire uno stranguglione. Con il dovuto rispetto, è come quella scena di “Salvate il soldato Ryan” in cui vengono a dare alla madre la tremenda notizia e lei appena li vede scendere dalla macchina capisce tutto, non trova la forza di dire nemmeno una parola, semplicemente si accascia piano sulle assi del porticato. Manca ancora l’ufficialità, certo. Ma noi interisti sappiamo che anche in tempi di abbondanza vale la legge di Murphy: se qualcosa può andare male, lo farà. Troppo fresca è ancora la delusione per il lungo addio di Ronaldo, e prima di lui tanti altri ancora. Meglio non farsi illusioni. È in momenti del genere che nel giro di un attimo ti passano davanti agli occhi i ricordi di una vita – anche solo di una breve vita calcistica vissuta portando addosso la stessa maglia. Le due reti al Parma del penultimo scudetto, segnate rimboccandosi i calzoncini ed entrando a partita avviata, quando ormai si preparava un nuovo cinque maggio: sigh. Il secondo gol al Palermo, la scorsa stagione: una cannonata dritto per dritto, laconica come la pistolettata di Indiana Jones di fronte all’arabo virtuoso di scimitarra: sigh. Il gol di tacco in acrobazia al Bologna – su cross di Adriano: doppio sigh. Si potrebbe andare avanti singhiozzando all’infinito, perché Ibrahimovic – scriviamolo per esteso: poca confidenza, ormai – di gol con la maglia dell’Inter ne ha fatti tanti. Ma siccome non sta bene mostrarsi prostrati di fronte all’amante che ha deciso di lasciarti, allora conviene aggrapparsi all’acidità, che è l’ultima risorsa dei traditi. In fondo sempre, quando si trattava di Coppa dei Campioni, tendeva a sonnecchiare alquanto. In fondo era un ex juventino. In fondo non esiste più l’attaccamento alla maglia. In fondo, in fondo… In fondo ci mancherà, inutile cercare sollievo nel risentimento. Ci mancherà perché anche se era un mercenario, somigliava era una specie di gigantesco cartone animato, un Mazinga burbero e benefico. Una foca giocoliera misura XXL. Un ragazzone cresciuto di quelli che sognavi si schierassero dalla tua parte quando in mezzo alla strada c’era da fare a botte. E invece niente: preferisce schierarsi con quegli altri. Pazienza. Bisogna rassegnarsi agli amori che finiscono. Trattenere chi ormai ama qualcun altro non è mai servito a niente: leggere, amare e giocare al pallone sono i verbi che mal tollerano le modalità dell’imperativo. Verrà Eto’o e lo soppianterà nei nostri cuori. E dopo di Eto’o un altro, e un altro ancora. E da tutti questi magnifici centravanti verremo prima illusi e poi infallibilmente delusi. Li sosterremo come Sisifo sosteneva il peso del suo macigno, fino in cima alla montagna. Sapendo benissimo che un attimo dopo quello che pareva un trionfo, ci toccherà vederlo miseramente rotolare di nuovo a valle, dall’altro versante della montagna. Per un attimo penseremo di no, vaffanculo. Ma poi scenderemo di nuovo a valle, il nostro immaginario se ne farà nuovamente carico e tutto ricomincerà daccapo.

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Roberto Alajmo | 18/07/2009

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