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LA YBRIS DI PORTO PALO

Dal diario di bordo di Adriatica. 7 settembre. Porto Palo di capo Passero. Sera. Io per primo mi rendo conto che questo posto ha acquisito una fama un po’ sinistra, dopo le rivelazioni del bellissimo e dolorosissimo libro di Giovanni Maria Bellu, I fantasmi di Porto Palo. Breve riassunto: un naufragio, la notte di natale del ’96, quasi trecento morti, e nessuno disposto ad ammettere la loro esistenza. Per i parenti nessuna notizia, né buona, né cattiva: trecento figli semplicemente spariti. Gli unici a poterne sospettare qualcosa erano i pescatori di qui, che per il gioco delle correnti cominciarono a trovarsi ogni giorno un cadavere fra le reti. E lo ributtavano in mare. Una ybris, per i marinai di ogni latitudine. Circolando per le strade del centro abitato, parlando con la gente del porto, il peso morale di questa ybris si avverte e ricade sull’intera comunità. Un signore ci spiega come secondo lui stanno le cose partendo da posizioni apertamente razziste e facendo un giro a 360 gradi di tutte le opinioni plausibili, più molte anche implausibili. Una settantina di migranti sono sbarcati proprio ieri e proprio qui, gente che il nostro interlocutore descrive con una gamma di sentimenti che vanno dal disprezzo alla pietà. Mischini, dice a un certo punto, con l’intercalare di commiserazione che i siciliani preservano direttamente dall’arabo. Malgrado tutto, però, bisogna sforzarsi di capire anche lo smarrimento etico di questa gente. I pescatori ributtavano in mare i cadaveri nel timore di un fermo giudiziario dell’imbarcazione, con susseguente perdita di giorni e giorni di lavoro. Questo non giustifica la ybris, ma la rende comprensibile. È umano, il loro comportamento, e come tale si può capire. Giustificare, mai: ma capire sì. Se non si capisce un ragionamento del genere non si può nemmeno cercare di disinnescarlo. Ed è il ragionamento di tutti i siciliani che si trovano di fronte un sistema monolitico di regole che non capiscono e da cui si sentono schiacciati. La reazione appare disumana, e consiste nel ributtare in mare il corpo di una persona: qualcosa che per millenni è stata considerata contraria a ogni regola morale. Il caso dei pescatori di Porto Palo è a suo modo esemplare di tutta la Sicilia di questi anni, dilaniata fra il passato remoto e un futuro precoce. Fra una mentalità arcaica e un nuovo sistema di regole e modelli culturali inconsulti. Da qui deriva l’impazzimento della buona gente. Da qui, la ybris di un intero popolo che fino ad ieri aveva dato prova di grande spirito d’accoglienza. (Si ringrazia la rivista Giudizio Universale)

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Roberto Alajmo | 06/10/2008

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