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CARAVAGGIO A MALTA

Dal diario di bordo di Adriatica. Malta. nove settembre. Mattina. Sono cinque i quadri che Caravaggio dipinse su quest’isola, prima di essere costretto a fuggire anche da qui. Un paio sono a Palazzo Pitti, uno al Louvre, ma due sono rimasti e si trovano nell’oratorio della co-cattedrale di Saint John. C’è un San Girolamo spettrale, e c’è soprattutto la decapitazione di San Giovanni, la sua tela più grande, la cui eccentricità non dev’essere stata estranea al precipitare delle fortune di Caravaggio presso i cavalieri di San Giovanni, che erano i suoi committenti. Non è tanto il tratto pittorico in sé, che colpisce. E in parte nemmeno la dazione della luce, così famosa quando si tratta di Caravaggio. Qui a fare scandalo è la distribuzione degli spazi. La scena della decapitazione è relegata a occupare quasi solo un terzo dell’immensa tela: in basso a sinistra. Il resto è tutto un’ombra, da cui a stento emergono gli sguardi morbosi di due prigionieri che osservano l’esecuzione. Ancora oggi, a guardare questa disposizione si rimane sconcertati. Ma forse la banalità crudele del gesto di uccidere un uomo emerge con tanta evidenza proprio per contrasto col buio retrostante. Uccidere un uomo, e per futili motivi, è esattamente quel che succede. Non è un santo, la vittima. Niente aureola, niente di estatico: un uomo. Potrebbe essere l’illustrazione di una campagna contro la pena di morte. (Si ringrazia la rivista Giudizio Universale)

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Roberto Alajmo | 10/10/2008

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