LESA MAESTA'
Fin dal programma di sala, quelli dell’Orchestra di Piazza Vittorio sembrano preoccupati che il loro Flauto Magico possa essere giudicato blasfemo da un ipotetico Tribunale dei Mozartiani Ortodossi.
E in effetti chi č abituato alla prosopopea di Mozart come viene abitualmente eseguito nei teatri lirici e nelle sale da concerto puň rimanere spiazzato. Dura solo 80 minuti. Niente intervallo. Nessuna traccia di tutta l’imbottitura massonica. L’ouverture č alla fine. Il duetto Pa-pa-pa si trasforma in un ménage a trois fra Papageno, Tamino e Pamina. Sarastro e la Regina della Notte alla fine vanno a vivere assieme. Per non dire che la melodia di Mozart č quasi interamente sovrapposta da ritmi di Reggae, Mambo, Rap e dio sa che altro.
Dopodiché il pubblico alla fine č tutto all’impiedi che canta e batte le mani, trattenendo a stento la voglia di ballare sotto il palco. Effetto della gioia che sprigiona da un’orchestra formata da musicisti provenienti da tutto il mondo – il mondo concentrato e contaminato di un quartiere multirazziale di Roma.
Non č Mozart, ma quanto di piů mozartiano abbia mai ascoltato. Completamente centrifugato dalle scorie dell’accademia.
Se poi viene nostalgia dell’”originale”, c’č da considerare che questa trasposizione non č stata ricavata col pennarello indelebile direttamente sulla partitura autografa di Mozart: quella č sempre intatta, a disposizione di chi voglia rappresentarla nella abituale versione da museo.