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QUANDO SI DICE FICTION TELEVISIVA

Non č la prima volta che mi succede, ma la variante merita di essere registrata.
Mi invitano a partecipare a una trasmissione del mattino, su Rai3. Argomento sul tappeto č una sentenza che manda assolto un parcheggiatore abusivo perché “socialmente utile”.
Dietro l’invito c’č la solerzia dell’ufficio stampa di Laterza che cerca di promuovere il libro nuovo, e per questo merita di essere ringraziato.
Il problema nasce quando il redattore mi fa: tu devi fare la parte del buono. Come buono?, dico io.
“Buono” nel senso che in studio c’č un parcheggiatore abusivo che fa la parte dell’imputato, e un rappresentante dei consumatori che presenta un dossier contro il fenomeno.
Nel teatrino previsto io, insomma, dovrei fare apparire i parcheggiatori abusivi come un riflesso bonario dell'arte di arrangiarsi, un fatto un po’ folkloristico, di quelli che rendono il meridione d’Italia un luogo tanto pittoresco.
Ossia, l’esatto contrario di quel che penso.
Quando capisce che non ho intenzione di arrampicarmi sugli specchi in cambio di una comparsata televisiva, il redattore non sa piů come riuscire a cavarsela.
L’ho tolto dall’imbarazzo io stesso, pronunciando quella che ormai č diventata la mia parola d’ordine: preferirei di no.

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Roberto Alajmo | 14/04/2010

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