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LA MIA DISCARICA PREFERITA

(La prima parte di un racconto uscito nei giorni scorsi su Repubblica)
Negli ultimi giorni misurava trentacinque metri di lunghezza, circa otto di larghezza e due di altezza. Era la discarica davanti casa tua. La tua discarica di riferimento.
Era sorta intorno a un cassonetto sfasciato, trasformato da contenitore di spazzatura a spazzatura stessa. Ideale prima pietra attorno al quale un po’ alla volta era sorta una gigantesca piramide di munnizza. Trovando il cassonetto rovesciato la gente posava il suo sacchetto nei pressi. E siccome il posto dopo un po’ sembrava abbastanza degradato, era diventato una discarica a disposizione di tutti. Ogni mattina scoprivi che qualcuno aveva abbandonato un frigorifero, un materasso, mobili dismessi, giocattoli vecchi, una piccola foresta di ficodindia recisi, provenienti da chissà dove. E sacchetti, naturalmente. Tantissimi sacchetti. Sacchetti che i cani della zona avevano imparato a selezionare, squartare e degustare, spargendo i resti lungo tutto il manto stradale nel raggio di decine di metri. Per lungo tempo hai sognato di beccare uno di quelli che venivano a scaricare lì, prendere il numero di targa e andarlo a denunciare. C’è l’arresto, per chi abbandona rifiuti ingombranti. L’arresto, nientemeno.
Quanti mesi saranno passati da quando nella tua strada avevano smesso di raccogliere la spazzatura? Tre mesi? Forse ormai anche quattro. Per un certo periodo hai provato a telefonare. Niente. Poi hai scritto. E stavolta ti hanno risposto subito, chiedendo delucidazioni sull’esatta dislocazione della discarica e sulla sua composizione. Hai risposto spiegando che se fossero venuti l’avrebbero individuata da lontano, senza problemi. Più difficile è stato compilare un fedele repertorio delle porcherie. Proprio in quei giorni c’era andato a morire un cane. C’hai messo anche quello e hai mandato tutto all’apposito indirizzo di posta elettronica.
La prima pronta risposta ti aveva fatto sperare che il problema sarebbe stato risolto nel giro di poco. Ma niente: sono passati altri giorni e la discarica è rimasta lì. Pure la carogna del cane è rimasta lì, ma c’è di buono che dopo un po’ ha smesso di puzzare. O forse il tuo olfatto ormai si era abituato.
Dopo tanti mesi hai cominciato a pensare che forse la tua strada non esisteva più, per l’azienda che dovrebbe occuparsi della raccolta dei rifiuti. Era stata cancellata dalle mappe in possesso dei generali che combattono la Guerra della Munnizza, Abbandonata come uno di quei territori che vengono strategicamente ceduti al nemico, una volta divenuti impossibili da difendere...
(1, segue)

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Roberto Alajmo | 24/04/2010

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