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LA MIA DISCARICA PREFERITA (II)

(La seconda parte di un racconto uscito nei giorni scorsi su Repubblica)
Anche per questo, man mano che le settimane passavano, in te è subentrato un sentimento diverso, più conciliante. Hai pensato che forse, se l’Amia aveva cancellato la strada, forse il Comune si era regolato di conseguenza, esonerandoti dal pagamento della tassa sui rifiuti. Forse tu e la tua casa eravate finiti in una terra di nessuno dove ogni obbligo reciproco fra cittadino e pubblica amministrazione doveva considerarsi sospeso.
Un po’ alla volta hai cominciato a considerare gli aspetti positivi della tua discarica. Siccome in zona non ci sono altri punti di riferimento, quando dovevi spiegare il percorso a qualche amico la spiegazione si concludeva sempre allo stesso modo: …a quel punto sulla sinistra trovi una discarica abnorme, e lì dietro c’è casa mia. Che gran risate.
È molto darwiniana questa evoluzione della specie che riguarda gli abitanti di Palermo, che hanno sviluppato un istinto di sopravvivenza basato sul sarcasmo. Ogni enormità amministrativa viene racchiusa in un bozzolo di sarcasmo. “Siamo veramente pietosi”, diceva il Paviglianiti di Maresco e Ciprì: e ancora non si è trovata una maschera che meglio rappresenti gli abitanti di questa città.
Insomma, la discarica. La discarica era diventata ormai parte del paesaggio, componente fondamentale dell’immagine della città: le cupolette rosse delle chiese normanne, le palme ormai in via di estinzione, e le discariche di spazzatura.
Poi l’altro giorno sono venuti con i camion e una ruspa e l’hanno smantellata. Ci sei rimasto persino un po’ male, perché ti ci eri affezionato. La strada era diventata improvvisamente troppo larga, inutilmente larga. Non pensavi che la discarica ti sarebbe mancata.
Però non devi disperare. I camion e la ruspa hanno portato via tutto tranne una cosa: il cassonetto sfasciato. Quello è rimasto, sempre rovesciato su un fianco. Probabilmente gli addetti non erano autorizzati a rimuovere un bene di proprietà dell’Amia e l’hanno lasciato là in attesa di una cassazione aziendale. Forse è una specie di souvenir. Oppure un richiamo, un’insegna. Magari attorno al fascino del cassonetto in disarmo presto rinascerà un’altra discarica, che col tempo diventerà più grande e pittoresca dell’altra.
Puoi contarci: già dopo un’ora, accanto al cassonetto qualcuno aveva abbandonato un sacchetto. In serata ce n’erano una decina. La vita continua.
(2, fine)

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Roberto Alajmo | 25/04/2010

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