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Un altro posto nel mondo

La prima sera, non appena sbarcati dall’aereo, ceniamo a casa: spaghetti con la salsa che fa la mia mamma. Non ho assaggiato la pasta prima di scolarla e diciamo pure che è un po’ “croccante”.
Da dei ragazzi (di 17 anni) che conosci da nemmeno un’ora, che non parlano bene l’italiano, che hanno appena messo piede a casa tua dove staranno per i prossimi 4 giorni non ti aspetteresti che te lo facciano notare più di tanto. O no? Ebbene mi massacrano! Battute e risate e subito la proposta di Habton (stupendi occhi scuri svegli e profondi): domani cucino io. Zighinì e riso. Faccio l’offesa e rilancio: domani spaghetti ai gamberi (come mi ha insegnato a farli Pasquale!), anche perché non voglio costringere Habton a stare in cucina ora che è in vacanza. Ma lui insiste; prima che vada via cucinerà la sua specialità. Mi spiega che – insieme a Bemnet - sta facendo un corso di aiuto cuoco che terminerà a fine luglio e che sarebbe bellissimo per lui trovare un lavoretto per l’estate. L’inverno prossimo si vedrà. Forse a scuola, come Abdi, che già frequenta il secondo anno di liceo. Abdi è già stato qui da noi più volte, è uno di famiglia; ha le idee chiare (finito il liceo, università, laurea in farmacia, come suo padre) ed un gran senso dell’umorismo, che – con il suo italiano in rapido miglioramento, grazie anche a Dylan Dog – non risparmia nessuno, se stesso per primo. Ogni tanto sparisce in camera; qualsiasi cosa stia facendo, quando arriva l’ora della preghiera si scusa e si allontana.
Bemnet, invece, è timido. Sorride e parla con lo sguardo. Il suo telefono squilla in continuazione e al computer chatta contemporaneamente con una folla di amici. L’unica cosa che chiede è di essere portato, nei prossimi giorni, a fare un giro dell’isola. La prima volta che è stato qui non ha visto quasi nulla.
L’indomani è Pasqua e siamo stati invitati da amici per una bella arrustuta! La salsiccia però viene cotta a parte. I ragazzi non mangiano carne di maiale (Abdi è musulmano, Habton e Bemnet Cristiani copti), per loro solo arrosto. Ci sono le piccole Matilde (5 anni) e Vittoria (tre anni) che non lasciano in pace i ragazzi nemmeno un attimo. E loro si prestano volentieri al gioco. Soprattutto Abdi, che a casa ha ben 8 tra fratelli e sorelle, tutti più piccoli di lui (che ha compiuto i 18 anni a febbraio).
Una giornata bellissima, serena e divertente. Alle sei e mezza però, Habton e Bemnet vogliono andare a messa; hanno tentato la mattina ma non sono riusciti ad entrare in una chiesa stracolma. Stavolta vogliono arrivare prima, per prendere posto.
Insomma: quattro giorni insieme, ed al momento di salutarci la promessa di rivederci al più presto, qui o a Mazzarino dove tutti e tre vivono dopo essere “sbarcati” a Lampedusa.
Ora guardo le foto scattate in quei giorni e non riesco a trattenere le lacrime.
Habton e Bemnet sono due dei cinque sopravvissuti nella strage di agosto scorso. Un gommone partito dalla Libia con 78 persone a bordo viene recuperato 21 giorni dopo. Insieme ai due ragazzi (minori) solo due uomini ed una donna ancora in vita.
Settantatrè persone morte durante un viaggio maledetto. 73. E penso a quante siano 73 persone. Cerco di contare 73 persone che conosco ma mi perdo. 73 sguardi, 73 nomi, 73 storie, 73 sorrisi, 73 speranze, 73 sofferenze, 73 morti. Settantatrè esseri umani come me, come Bemnet, come Habton, come Abdi.
La foto che terrò come ricordo della Pasqua di quest’anno è quella di Bemnet che tiene in braccio la piccola Vittoria, facendole fare “l’aereo”. E’ stata scattata di fronte alla chiesa, all’uscita della messa. Entrambi ridono divertiti. E non riesco a smettere di pensare che 73 persone non vivranno mai più momenti come questi.

Paola


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Daniela Vaccaro | 10/05/2010

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