Davidù, però ora basta leggere. A'm' a ghiucare au palluni.
Così, giusto perché sugnu schiffarato cinque minuti... ... allora. Uno scrittore (o comunque, ogni essere umano che compone unità di senso in modo narrativo) non usa una lingua. Ne è usato. Cioè, è quella lingua a parlarlo. La sua declinazione per cogliere (o destrutturare un nucleo di senso) sarà il linguaggio. Egli, lo scrittore, parlerà, userà, creerà un linguaggio e, come Archimede insegna, dal quel linguaggio verrà parimenti parlato, scritto, usato, creato. ... Il punto non è se un Siciliano parlerà o no di mafia. Quello è puro folklore. La transitorietà d'un fenomeno umano, non trascendentale quindi, non intacca l'origine delle parole. Quelle, le parole, si formano nel tempo e proprio per questo nel tempo vengono a mutarsi. Il tempo altro non è che una costruzione grammaticale e, in quanto tale, soggetta a continue mutazioni. Quando nel tempo qualcosa si isola, ecco emergere il simbolo. Simbolo che, per sua natura, si offre come un sudario. E' nelle sue pieghe che esiste il narrativo. Ecco perché di un simbolo, quando diventa mito, non importa più la Storia, ma le sue Varianti. Cioé il MODO con cui il linguaggio è in grado di strutturarlo prima e narrarlo durante. ... La Mafia è simbolo transitorio. E' qualcosa che si lega con l'effimero del vissuto personale. Le stragi del '92 diventano così Miti in grado di proporre varianti per il solo fatto di avere un raggio di condivisione ad amplissimo spettro. Come i mondiali di calcio o la prima volta che s'è fatto l'ammmmore. ... Questo per dire che: non è possibile ipotizzare di cosa di debba o meno scrivere. Non dipende neanche dallo Scrittore in sè. Perché il punto è che noi non pensiamo le parole per dire la realtà. Le parole ci preesistono e sono loro che formano i pensieri che riformano le stesse parole per tessere storie. ... La vera domanda è, quindi: quali sono le parole della nostra realtà? ... Mafia non è una parola. E' transitorietà. Sottomissione, Codardia, Vigliaccheria, Prepotenza, Arroganza: queste sono parole, perché aprono all'universale dell'esistente. CHe si ritrovino in un contenitore detto "mafia" è, ripeto, un caso storico. Piuttosto, non è sulla mafia che io indirizzerei il discorso. E' sulla assoluta, netta, precisa capacità di "accollarsi tutto" che gli abitanti dell'isola stanno dimostrando. Una passività che porta ad usare parole transitorie come "mafia" come ipostasi. Una rincorsa alla giustificazione che non rende giustizia né alla realtà delle cose cé al vocabolario. ... buone cose.
Davide Enia
In omaggio, dopo la bellissima serata di ieri al Montevergini, durante la quale è stato presentato il suo libro Italia_Brasile 3-2. Per inciso, c'erano anche Roberto e Delio Rossi, che hanno contribuito a rendere la serata degna di essere ricordata.
N.d.r.: Il titolo che ho dato, stavolta, non è mio: era la risposta che Roberto aveva postato dopo l'accorato intervento di Davide.