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REPERTORIO DEI PAZZI DELLA CITTA' DI PALERMO


IL MODELLO ANDALUSO

(Da Repubblica)
L’ideale sarebbe organizzare dei soggiorni all’estero obbligatori per tutti i siciliani. O almeno per quelli che aspirano a cariche pubbliche. Una specie di Erasmus della politica. Vuoi candidarti a consigliere comunale? Vai prima a vedere come funzionano le città nei paesi civili. Qualcosa del genere venne organizzato a Barcellona alla fine degli anni settanta. L’Ordine degli Architetti selezionò una persona che sembrava particolarmente attrezzata, Pasqual Maragall; gli diede una borsa di studio e una missione: vai, osserva ciò che di meglio succede nel mondo, poi torna, e noi ti candidiamo a sindaco. Maragall partì per il suo viaggio di studio, tornò con una serie di proposte, venne eletto, e nel giro di pochi anni rivoltò interi quartieri malfamati, trasformando Barcellona nella città che è diventata a partire dal 1982. Quante volte da turisti ci siamo chiesti: ma cos’ha Barcellona più di Palermo? Facile: un sindaco che è un sindaco.
Si dirà che Barcellona è una città ricca e moderna, con alle spalle una forte tradizione socialista; un modello forse inarrivabile. Allora accontentiamoci di meno: l’Andalusia rappresenta l’equivalente spagnolo di quel che per l’Italia è la Sicilia. Ecco: forse il viaggio di studio per tutti i siciliani di buona volontà andrebbe fatto lì. Siviglia, Cordoba, Granada. Città meridionali, tradizionalmente povere. Eppure i mezzi di trasporto pubblico sono efficientissimi, le strade sono pulite, anche nei quartieri più popolari non si rischia di essere scippati, il paesaggio delle zone interne risulta intatto. Che ha di diverso Siviglia, rispetto a Palermo? Cos’hanno di diverso gli andalusi, rispetto ai siciliani? Non vale nemmeno l’alibi dell’appartenenza politica: tutte le città andaluse sono state amministrate a lungo e ancora oggi da personalità di centro-destra, l’equivalente dei nostri democratici cristiani. E allora?
(...)
Dobbiamo rassegnarci: l’organizzazione non è una prerogativa delle popolazioni settentrionali. Nell’estremo sud della Spagna le cose funzionano se non come in Svizzera, di sicuro meglio che in Sicilia.
L’altro alibi ricorrente è il caldo. Il tanto celebrato scirocco colpevole di stremare le anime e i corpi. Ebbene, in estate a Siviglia l’anno scorso si è arrivati a 49 gradi. Da giugno a settembre uscire da casa nel pomeriggio è una prova di coraggio. Eppure tutto funziona lo stesso, nessuno si azzarda a rallentare i propri ritmi sulla base delle temperature e delle stagioni. Ci si organizza, semplicemente. Si esce la mattina e poi la sera, usando il pomeriggio per una sacrosanta siesta, usando il sonno pomeridiano come riserva da utilizzare in vece di quello notturno.
Certo, i problemi non mancano neanche in Spagna. In questo periodo la piazza principale di ogni città è presidiata dagli indignados: giovani che chiedono civilmente garanzie per il futuro, facendo una serie di proposte concrete. Anche in questo caso il confronto è impietoso: alla protesta ideale degli indignados corrisponde il modello di protesta corporativo e teppistico con cui Palermo si è misurata negli ultimi mesi.
Realisticamente non c’è in vista un colpo di reni che consenta alle città siciliane di cambiare. Però forse le persone di buona volontà avrebbero uno strumento a disposizione: anziché sfinirsi a mugugnare, potrebbero individuare un giovane Maragall siciliano, tassarsi e mandarlo a studiare all’estero. Nel peggiore dei casi, se decidesse di non tornare, almeno lui si salverà.

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Roberto Alajmo | 25/06/2011

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