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PATER NUMQUAM

(Da Repubblica)

La storia è presto detta. Una coppia di colore, immigrati dalla Nigeria: lei rimane incinta e va a partorire al Policlinico. Il bambino nasce, ma è bianco. Bianco con gli occhi azzurri e i capelli biondi. È lasciata all’immaginazione del lettore la scena in sala d’aspetto, uguale a quella sempre reiterata in barzellette da quattro soldi. Il marito che s’incazza, la moglie in lacrime, il neonato che piange intuendo di essere capitato in un brutto momento, medici e infermieri che intervengono per sedare gli animi.
Il Primario, in particolare, spiega al padre che il caso può capitare. È raro, ma può capitare. E quante sono le possibilità che capiti? Poche, pochissime. Ma quante, precisamente? Una su quattordicimila. La discrezione a questo punto deve lasciare il padre all’elaborazione della notizia e dei calcoli relativi. In questi giorni starà affrontando il suo travaglio nel convincersi di essere lui, proprio lui, ad avere estratto il numero quattordicimila, tondo tondo.
(...)
Di sicuro però esiste, tanto più in Sicilia, una via per affrontare il tormento di questo padre numero quattordicimila. Una via con nome e cognome: Luigi Pirandello. In effetti, tutta la vicenda sembra la trasposizione teatrale moderna di una commedia di Pirandello; uno di quegli spettacoli che vengono avventurosamente “aggiornati” dal regista. Il protagonista è un Ciampa di colore, con tutte le interpretazioni che si possono attribuire a questo rovesciamento.
I siciliani si raccontano spesso la favola della loro tolleranza. Piace molto, questa favoletta. Ma ogni tanto se la scordano. Allora sappia, questo padre, che nessuno potrà capire la sua tribolazione meglio dei siciliani, se solo vogliono. E nel caso si rendesse necessario un ripassino, potrà essere lui stesso a fare sfoggio di citazione dal Berretto a Sonagli, esortando tutti a dare una giratina allo strumento:
ĞBEATRICE: Lo strumento? Che strumento?
CIAMPA: La corda civile, signora. Deve sapere che abbiamo tutti come tre corde d'orologio in testa. La seria, la civile, la pazza. Soprattutto, dovendo vivere in società, ci serve la civile. (…) Ma può venire il momento che le acque s'intorbidano. E allora... allora io cerco, prima, di girare qua la corda seria, per chiarire, rimettere le cose a posto, dare le mie ragioni, dire quattro e quattr'otto, senza tante storie, quello che devo. Che se poi non mi riesce in nessun modo, sferro, signora, la corda pazza, perdo la vista degli occhi e non so più quello che faccio! ğ.
Così: prima accomodante, poi razionale, infine minaccioso. Questa è una lingua che in Sicilia dovrebbe essere compresa da tutti. Una lingua che parte dalla superficie ma la raschia fino ad arrivare alla sostanza delle cose e all’animo delle persone. Del resto Nostro Signore deve aver fatto i suoi sondaggi, prima di far nascere Pirandello proprio in terra di Sicilia: e ora questo bambino inopinatamente bianco appresso a lui.

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Roberto Alajmo | 31/05/2012

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