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REMEMBER CALEARO

Mettetevi pure comodi: Formigoni non si dimetterà mai. O almeno non nell’arco dei prossimi anni.
E non perché ha detto che non si dimetterà: la difesa frontale e sfrontata rischia anzi di farlo travolgere più rapidamente, come insegna la storia del giunco che non si piega al passaggio della piena.
Il discorso è diverso, legato alla complessità del concetto di “dimissioni” nella cultura italiana.
La pratica è lunga e complessa, molto frastagliata. Intanto, esistono diversi tipi di dimissioni, fra cui ci piace ricordare quelle famose Ad Elastico, che si presentano e tornano indietro, rifiutate dallo stesso soggetto che le ha presentate.
Ma poi i tempi si dilatano all’infinito perché le dimissioni, prima di essere accettate, devono essere presentate, e prima di essere presentate di solito vengono annunciate.
Ecco il punto. L’annuncio delle dimissioni apre una voragine spazio-temporale degna di Philip K. Dick, dentro la quale sparisce ogni memoria nefanda. Il collega siciliano di Formigoni ha annunciato le sue dimissioni per la fine di luglio, per esempio. Confidando nel fatto che in capo a due mesi, per giunta in piena estate, l’opinione pubblica si sarà dimenticata cosa aveva da ridire.
Oppure Calearo, ricordate? L'imprenditore che il fiuto di Veltroni aveva voluto a tutti i costi candidare nel Pd. Dopo un’uscita radiofonica da schiaffi e le polemiche che ne erano seguite, in aprile aveva annunciato sdegnosamente le sue dimissioni dal parlamento.
Non ci crederete: è ancora lì.

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Roberto Alajmo | 26/06/2012

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