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REMIX: IL PARADOSSO DELLA GRASSA POVERTA'

Scrive a Repubblica una giovane precaria che è ingrassata di quattro chili durante un periodo di disoccupazione. Colpa dello stress, ma soprattutto dell’alimentazione a buon mercato, la sola che poteva permettersi in tempi grami.
Sembrerebbe a prima vista un effetto collaterale del tutto secondario, mentre sulla testa dei lavoratori precari piovono pietre. E invece è una questione altamente metaforica. Qui si trova la chiave della schizofrenia che sembra essersi impadronita di tutto l’Occidente e soprattutto dell’Italia, che dell’Occidente è una grandiosa esasperazione.
Il paradosso è che l’attuale crisi, contrariamente alle altre che si sono susseguite nella storia, anziché dimagrire fa ingrassare. Ai segnali della carestia non corrispondono i sintomi. I disoccupati possiedono il telefonino, i poveri vanno in vacanza. I ceti medi stentano a pagare le bollette, ma a qualche sfizio non rinunciano.
A prima vista sarebbe facile diagnosticare che i disoccupati non sono poi tanto disoccupati e i poveri non troppo poveri. Ma c’è pure da fare i conti con le modalità di questa crisi, che sono fuorvianti. Metaforicamente parlando, le circostanze obbligano a ingozzarsi di carboidrati, zuccheri, grassi saturi e ogni sorta di porcherie. Molte merendine televisive, pochissime proteine davvero nutrienti. Risultato: le arterie del sistema si stanno intasando, ma l’aspetto complessivo della società è addirittura florido.
Ci divertiamo moltissimo e all’apparenza siamo il ritratto della salute. Il nostro corpo ci lancia dei segnali sempre più allarmanti, ma non sappiamo ascoltarli. Né abbiamo voglia di fare le analisi che ci consiglia il medico. Forse è così che ci tocca morire: grassi, spensierati e ignari di noi stessi.

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Roberto Alajmo | 22/11/2013

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